Un poker romagnolo alle Paralimpiadi

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Hanno preso il via ieri con una suggestiva cerimonia inaugurale i Giochi Paralimpici a Tokyo. Sono quattro gli atleti romagnoli che da oggi entreranno in gara a caccia di medaglie.

Per la prima volta la nazionale di sitting volley femminile è riuscita a qualificarsi per i Giochi e della squadra azzurra fa parte la cesenate Roberta Pedrelli già quarta ai Mondiali di Rotterdam nel 2018. «Qualificarsi per le Paralimpiadi di Tokyo è stato il momento più bello e alto della mia carriera sportiva - commenta la cesenate, atleta e mamma -. Penso alla mia bambina, sto facendo questa cosa anche per lei e che si può fare nonostante tutte le difficoltà. La mia famiglia mi ha sempre sostenuta e seguita in questa mia impresa. Tutte le squadre presenti a Tokyo possono vincere l’oro, noi comprese. Se conta il gruppo l’Italia è molto avvantaggiata perché c’è grande affiatamento fra noi».

É nata a San Vito al Tagliamento ma dal 2018 si è trasferita a Montecatone e da lì è diventata romagnola di adozione, essendo tesserata per Lo Sport è Vita Onlus Imola. Giada Rossi è una delle carte da medaglia per l’Italia a Tokyo (è stata bronzo a Rio e oro Mondiale nel 2017 con Michela Brunelli), forte della sua esperienza e dei grandi risultati ottenuti nel tennistavolo paralimpico. «Non solo mi ha riportata in palestra ma mi ha spinta a praticare questa disciplina. La mia famiglia è stata fondamentale nel mio percorso sportivo, così come lo è sempre stato il mio allenatore, che mi ha motivata e aiutata nei momenti difficili. Il tennistavolo mi ricorda molto la pallavolo, sport che praticavo prima dell’incidente. Mi ispiro a Federica Pellegrini per la sua voglia di andare sempre oltre l’ostacolo».

Il faentino Jacopo Cappelli sarà in gara nella carabina 10 metri, specialità del tiro a segno, dove quest’anno è riuscito a conquistare un 4° posto in coppa del Mondo a Lima in Perù. É alla sua seconda partecipazioni alle Paralimpiadi dopo il 32° posto di Londra 2012 nella carabina a terra 50 metri R6. «Il tiro mi ha fatto crescere come persona, mi sono avvicinato a questa disciplina vent’anni fa, indirizzato da alcuni fisioterapisti. A quel tempo praticavo nuoto ed è stato amore a prima vista. Del tiro a segno amo il fatto che ti forgia dal punto di vista morale, umano, caratteriale, ti dà una disciplina e migliora la consapevolezza sé stessi».

Anche Eleonora Sarti, nata a Cattolica, è pronta per la sua seconda avventura paralimpica nel tiro con l’arco di cui è stata campionessa del mondo in Germania, nel 2017 (a Rio uscì negli ottavi nella gara individuale e nei quarti a squadre). Praticava basket in carrozzina ma ha saputo reinventarsi. «Sapevo che col basket non sarei mai riuscita a vivere il sogno paralimpico, non è stato facile passare da una disciplina di squadra e dinamica a una come il tiro con l’arco che pensavo non facesse per me. Poi ho visto Elisabetta Mijno gareggiare e guadagnare lo slot per Londra. In quel momento è cambiato tutto. Del tiro amo l’adrenalina, il sacrificio, la costanza. Elementi fondamentali per il raggiungimento di risultati di livello internazionale».

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