Un farmaco non è per sempre: ogni anno serve il “tagliando”

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Una nota pubblicità di qualche anno fa diceva che un diamante è per sempre. Non è così con i farmaci, tanto che un anziano su 10 li prende in modo inappropriato o per un tempo più lungo del necessario. Un po’ l’abitudine, un po’ il mancato controllo con il medico delle sue condizioni di salute, si può continuare (sbagliando) a prenderli. In sostanza, anche per i medicinali di terapie croniche è necessario fare il “tagliando” almeno una volta l’anno. Questo è il quadro che viene dal rapporto Osmed, l’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali, con il suggerimento che viene dalle prime Linee guida italiane per la corretta gestione della multimorbilità e della politerapia, sviluppate dalla Sigg, la Società italiana di gerontologia e geriatria insieme alla Simg, la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie, la Simi, la Società italiana di medicina interna, la Sigot, la Società italiana di geriatria ospedale e territorio, la Sif, la Società italiana di farmacologia e alla Fadoi, la Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti medicina interna.

Ma come stanno gli anziani?

La popolazione invecchia e la compresenza di almeno due patologie croniche interessa il 75% degli over 60 e la quasi totalità degli ultra ottantenni. Secondo i dati Osmed in Italia il 30% degli over 65 prende 10 o più farmaci, circa il 50% ne assume tra 5 e 9 o prende farmaci per un tempo più lungo del necessario. Secondo i geriatri della Sigg, almeno 2 milioni di anziani sono esposti a interazioni potenzialmente molto gravi e un altro milione prende farmaci inappropriati, con un aumento del rischio di ricoveri e di mortalità, errori di assunzione e diminuzione dell’aderenza terapeutica. Una revisione annuale delle cure che potrebbe diminuire di almeno il 20% il rischio di eventi avversi ed eliminare almeno un farmaco non appropriato, a volte un duplicato terapeutico, a ogni ‘tagliando’ almeno annuale, può migliorare la qualità di vita del paziente.

Tra i farmaci che sarebbero al centro di questa revisione, ci sono gli inibitori di pompa protonica (quelli contro il ‘reflusso’) le statine negli anziani con bassa aspettativa di vita, la vitamina D e gli integratori più in generale.

«La politerapia, ovvero l’assunzione di 5 o più farmaci, che nel nostro Paese riguarda il 75% degli over 60, o le terapie prolungate nel tempo senza indicazione, possono comportare percoli e un grave spreco di risorse – spiega Francesco Landi, presidente SIGG – Ma un farmaco non è per sempre e non sempre lo stesso medicinale è necessario in tutte le fasce d’età. Spesso invece tali prescrizioni rimangono come un obbligo rituale, per cui un farmaco si continua a prendere per anni, ben oltre quanto sia necessario per una sorta di ‘inerzia terapeutica’. Inoltre, in molti casi, ogni specialista aggiunge la propria terapia senza verificare eventuali interazioni con le altre o prescrivendo farmaci non appropriati».

Le numerose esperienze cliniche condotte negli ultimi anni confermano che è possibile ridurre il carico di farmaci eliminandone almeno uno, senza conseguenze sulla salute dei pazienti: uno studio condotto in pazienti particolarmente fragili ospiti in Rsa, per esempio, ha dimostrato che è possibile togliere farmaci psicotropi come benzodiazepine o antidepressivi, riducendo del 21% il numero di pazienti esposti a interazioni gravi, un’indagine su pazienti assistiti dal medico di medicina generale ha dimostrato che la revisione delle terapie può ridurre fino al 17% l’impiego scorretto di inibitori di pompa protonica e altri farmaci, diminuendo del 10% il rischio di interazioni e aumentando al contempo l’aderenza alle cure necessarie fino al 30%”.

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