Testimoni di Geova ravennati in fuga dalla Russia

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In fuga dalla Russia, hanno ottenuto lo status di rifugiati. Il conflitto in Ucraina c’entra, ma il fulcro della vicenda di cui andiamo a parlare questa volta è religioso. Protagonisti due coniugi di nazionalità russa residenti a Ravenna, entrambi Testimoni di Geova, che dopo un primo tentativo fallito, hanno ora ottenuto dal Tribunale di Bologna la protezione internazionale. Il motivo è presto spietato: la Corte Suprema di Mosca considera il movimento religioso un’organizzazione estremista e nel 2017 ha vietato ai seguaci di partecipare a congressi e riunirsi in luoghi pubblici, così come fare proselitismo avvalendosi di libri e riviste. Ecco le ragioni della fuga, che li ha portati in Italia dopo varie peripezie in giro per l’Europa.

Il rifiuto

Erano al loro secondo tentativo. La coppia aveva già fatto istanza per ottenere lo status di rifugiati. Tuttavia la Commissione territoriale specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale aveva respinto la loro richiesta. Era accaduto nel 2019, due anni dopo l’atto della Corte Suprema russa, ma in uno scenario geopolitico lontano anni luce dall’attuale stravolgimento legato al conflitto in Ucraina. Insomma, tre anni fa il tribunale felsineo aveva motivato il diniego rimarcando come nel Paese d’origine fosse ancora possibile per i Testimoni di Geova ritrovarsi in forma privata all’interno delle abitazioni dei fedeli, partecipando a funzioni religiose purché in forma privata. In altre parole, non ravvisava l’urgenza di intervenire per tutelare i due stranieri da eventuali atti persecutori.

Il nuovo ricorso

La coppia ha però tenuto duro. Con l’avvocato Andrea Maestri ha deciso di presentare una nuova istanza. E l’origine del marito, stavolta ha fatto la differenza. Perché il cognome che l’uomo porta (divenuto pure quello della moglie) è ucraino. Una combinazione che ora – secondo l’ipotesi sottoposta all’attenzione del giudice – potrebbe mettere seriamente a rischio la sicurezza e la libertà dei due. Oltretutto, la dottrina religiosa rigorosamente seguita dai due seguaci rifiuta la guerra e l’uso delle armi, esponendoli così a un ulteriore rischio nel caso di una eventuale chiamata alle armi del Cremlino. Uno scenario che ha portato al cambio di rotta deciso dal tribunale bolognese.

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