"Romagna intima": ripubblicato il libro di Pratella

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«S’immagini il lettore una lunga striscia di costa piana e senza scogli, lambita e pettinata da un pallido mare [...] ingemmata di piccole città ridenti e di multicolori villaggi balneari, da Rimini a Ravenna; poi attorno a Ravenna e fino alle foci del Po, dune e lande vallive, quasi deserte, dove dilagano o ristagnano acque grasse e salmastre e s’ergono, sfidando i secoli, le oasi sempreverdi della millenaria pineta [...] che suggerì già a Dante l’immagine del giardino del Paradiso. E parallela alla costa marina una larga zona di pianura, la pianura più fertile del mondo; dove la campagna lussureggiante conta le case come il cielo le stelle e conta le strade come la carne le vene e le arterie...».

È descrivendo questi evocativi paesaggi che si apre quello che Francesco Balilla Pratella definisce come «il ritratto di mia madre la Romagna», ovvero il volume che il musicista e etnografo romagnolo affidò nel 1933 alla cura di uno dei più originali e accurati editori di quegli anni, Edmondo Ferretti, anch’egli, come Pratella, lughese.

Si tratta di Romagna intima, testo da anni introvabile, se non nelle poche biblioteche che ancora ne conservano copia della prima o della seconda edizione (uscita l’anno successivo) dalla indimenticabile copertina a quadri bianchi e azzurri, che «ricorda le stoffe delle tovaglie». E che ora l’editrice bolognese Pendragon ha meritoriamente ripubblicato: non una acritica edizione anastatica, ma un volume che, riproponendo insieme al testo anche le tavole illustrate e i preziosi capilettera colorati posti in apertura di ognuno dei capitoli, si arricchisce anche di una corposa introduzione affidata a Giuseppe Bellosi. Che non si limita a uno scritto di “circostanza”, bensì, come è sua consuetudine, approfondisce il contesto e la genesi del lavoro pratelliano attraverso un accurato lavoro di ricerca e analisi delle fonti.

Un quadro del momento storico

Lo studioso, infatti, oltre a scorrere i temi affrontati da Pratella – dal paesaggio alle cante romagnole, da un ritratto della figura femminile (la “burdèla”) a usanze e feste come quella dell’uva ancora viva a San Pietro in Vincoli o a proverbi e indovinelli legati al vino, fino all’accurata descrizione di una lunga “passeggiata in collina” che certo sarebbe interessante ripercorrere oggi –, offre un quadro del momento storico, tra gli anni Dieci e Trenta del Novecento, in cui si afferma l’interesse per la cultura e il paesaggio della Romagna. Indicando i protagonisti di quel vero e proprio progetto culturale che si sviluppa attorno a riviste come “Il Plaustro” poi “La Piê”: Aldo Spallicci in primo luogo, ma anche lo stesso Pratella, insieme a una folta schiera di studiosi, scrittori, artisti, che animarono quegli anni in cui folklore e dialetto sembrano essersi conquistati un posto importante nella riflessione culturale e nella costruzione dell’identità regionale.

Il carteggio

Bellosi scende poi nei particolari quando si spinge a ricostruire le fasi che portano alla pubblicazione di Romagna intima e al suo successo: e lo fa attingendo al carteggio che intercorre tra autore ed editore, ovvero lettere oggi conservate in più archivi (alla biblioteca di Lugo, alla Fondazione Primo Conti di Fiesole nonché presso la famiglia Ferretti, sempre a Lugo), che raccontano di un rapporto che non si esaurisce in questa pubblicazione, ché altri sono i lavori che fin dai primi del Novecento Pratella affida all’arte tipografica dell’Officina dei Ferretti.

Insomma, se i capitoli che Pratella qui riunisce appaiono come una dichiarazione d’amore per la Romagna e per l’anima romagnola, che ancora oggi val la pena di rileggere, ecco che Bellosi ne definisce e illumina i contorni, conducendo il lettore nel clima culturale dell’epoca.

Francesco Balilla Pratella, “Romagna intima”, introduzione di Giuseppe Bellosi, Bologna, Pendragon, 2021, pp. 207, euro 15

A Lugo il Fondodella figlia Edaè in biblioteca

Francesco Balilla Pratella (Lugo 1880 - Ravenna 1955), compositore, musicista e insegnante di musica, aderì al Movimento Futurista. Fu direttore dell’Istituto comunale di musica “Malerbi” di Lugo dal 1910 al 1929. Nel 1927 assunse anche l’incarico di direttore dell’Istituto musicale “Verdi” di Ravenna, trasformato poi in nomina definitiva nel 1930; diresse l’Istituto fino al 1945. Alla biblioteca Trisi di di Lugo è conservato un importante Fondo. Il Comune di Lugo ha acquisito il Fondo, composto da libri, riviste, spartiti musicali e documenti, nel 2001 dalla figlia del musicista, Eda Pratella. Le diverse tipologie bibliografiche presenti nella raccolta testimoniano una frenetica attività professionale e frequenti rapporti con intellettuali e artisti. In particolare l’innovazione musicale espressa nei suoi Manifesti è documentata attraverso la corrispondenza con Marinetti, Russolo, Boccioni e altri aderenti al Movimento Futurista. L’interesse per la musica popolare portò il musicista a fondare la Camerata lughese dei Canterini Romagnoli e a valorizzare l’etnomusicologia come genuina espressione delle consuetudini e delle tradizioni locali. Nel Fondo questa passione è ampiamente documentata dagli scritti del musicista e dai libri della sua biblioteca. Info: 0545 38556.

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