Riondino e la storia dei fratelli Cervi

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Il mercatese Palazzo Dolcini vive stasera alle 21 un momento emozionale con il format di Ivano Marescotti “Lo schermo sul leggio” che riconduce a un tempo di Resistenza che continua a fare riflettere. Avviene con I 7 fratelli Cervi, in cui si mescolano il racconto di Alcide Cervi, padre dei sette fratelli torturati e fucilati dai fascisti nel 1943, alle immagini del film omonimo realizzato nel 1968 da Gianni Puccini, con l’interpretazione di Gian Maria Volonté. A fare da collante a questa composizione è stasera David Riondino attore, autore, organizzatore, che dà voce a questo racconto scritto e per immagini.

Cosa pensa di questo dar voce al racconto dei fratelli Cervi?

«Mi fa piacere partecipare al progetto di Ivano Marescotti che, come format, debuttò al mio “Festival del mare” a Cesenatico nel 2002. Allora con “Moby Dick”. Più di recente a San Marino mi è capitato di fare “La cosa da un altro mondo”, film fantascientifico tratto dal racconto di John Campbell. I 7 fratelli Cervi ripercorre questa modalità: leggo una parte del libro, poi sono le immagini del film a continuare la storia. Si torna al libro dal punto in cui il film ti ha lasciato, ad esempio all’incarcerazione dei fratelli Cervi e scopri quello che è successo in carcere con le parole scritte dal padre fino alla sua fuga, quindi si torna al film che mostra cosa accadde a quei giovani».

Cosa è più interessante di questo progetto?

«Aiuta a fare capire come da un libro si può fare un film, e in che maniera si dilata ciò che si immagina scrivendo. È un bellissimo esercizio dell’idea, del rapporto tra due media, tra immaginare, leggere, vedere, e realizzare un’immaginazione. Marescotti ha avuto una bella idea».

Che tipo di Resistenza emerge tra scritto e film?

«Nella sceneggiatura compaiono in testa brani di Pasolini e Gramsci relativi a cosa fu e non fu il fascismo. Alla fine c’è una poesia di Quasimodo che parla dei Cervi, e quella famosa di Calamandrei “Lo avrai, camerata Kesserling” sulla Resistenza. Pertanto, quello che emerge dal testo, è anche l’elemento epico, poetico e misurato della Resistenza. C’è anzi grande attenzione, nel racconto della Resistenza, nel dare una misura che tiene lontano l’odio, l’ossessione, il fanatismo. Quasi che si volesse dire che la guerra di resistenza, ossia l’ingaggio dei civili in una guerra militare, è cosa ben lontana dal fanatismo e dalla guerra civile. È una scelta “umanistica”, in qualche modo».

Questa è stata la Resistenza italiana?

«Così è stata interpretata, anche perché la Resistenza era affare di classi dirigenti molto sofisticate, sia da parte comunista, persone che avevano studiato nel confino, in qualche modo guerrieri filosofi, sia dalla parte dei liberali, dei democratici. Così nel suo lato migliore, poi come tutte le guerre, ha subito contaminazioni furiose e regolamenti di conti. Ma la sostanza è stata nobile».

Venendo alle guerre del presente, si può parlare di resistenza?

«Le guerre che il Papa stigmatizza, da Palestina a Yemen a Ucraina, sono episodi drammatici dove è fortissimo l’elemento di guerra civile, visceralità, irrazionalità, vendetta, reazione sul corpo del nemico; questa non è esattamente la resistenza. Quella in Ucraina è una guerra civile dove un popolo che ha vissuto integrato a un altro popolo per decine e decine di anni si trova davanti a una frattura. Il Battaglione Azov non c’entra con la Resistenza al fascismo, c’entra con una guerra tra oligarchi che si svolge in Ucraina».

Perché a tanti anni dalla Resistenza e da quel 25 aprile continuano a persistere rigurgiti fascisti?

«Forse perché il nostro Paese è stato strutturalmente legato a un regime, per certi versi lo ha condiviso e alla fine ne ha pagato le conseguenze. Quel regime, anziché venire spazzato via come accaduto in Germania col nazismo, qui ha avuto un’amnistia».

Info: 348 4021862

Francesco Gabellinie “Il pacifista”a Montepetra

Nuovo appuntamento con “FuoriLuogo”, la rassegna dedicata alla narrazione teatrale, anche in lingua dialettale, che dal 2015 viene programmata a Sogliano in spazi non convenzionali. Quest’edizione si farà spazio sul territorio soglianese trovando residenza nei borghi: a Montepetra, a Rontagnano, a Montetiffi. Dopo Iuri Monti, questa sera alle 21 a Montepetra ci sarà Francesco Gabellini che presenta “Il pacifista”, soliloquio di un personaggio che alterna l’uso del suo dialetto romagnolo alla lingua italiana e riflette sul suo rapporto con gli altri, con chi gli è più vicino e col resto del genere umano. «Si tratta anche di un’indagine intorno a ciò che ognuno di noi crede di essere e alla propria identità che si costruisce come un abito fatto solo di parole» spiega Gabellini. ll 29 aprile a Montetiffi arriva Roberto Mercadini con la conferenza spettacolo “L’arte di essere nuovi. I pittori del Rinascimento”. Info: 370 3685093.

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