Calo di iscrizioni a Farmacia, Rimini trova la quadra con il corso in inglese: 96 studenti su 100 sono stranieri, dall’Iran al Pakistan, passando per la Corea del sud. L’auspicio è che si inverta la fuga dei cervelli e che questi giovani si innamorino della Romagna indossando il camice in una farmacia della provincia. É partito 4 anni fa il corso dove si sostengono esami e lezioni solo in lingua inglese. A stilare un bilancio è il professor Vincenzo Tumiatti, coordinatore del Corso di Laurea internazionale di Pharmacy dell'Università di Bologna, campus di Rimini. Ordinario di Chimica Farmaceutica nell’Ateneo bolognese dal 2005, svolge ricerche nell'ambito di progettazione e sintesi di sostanze biologicamente attive per la terapia del cancro e dell’Alzheimer ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche.
Professor Tumiatti, prima della sperimentazione il Campus di Rimini registrava una diminuzione delle iscrizioni?
«La situazione era in linea con quella italiana a fronte di un calo di almeno il 20%. L'ultima corte di laureati italiani, circa una quarantina di giovani, sta svolgendo il tirocinio in farmacia. Il peggio è che tanti dei migliori, dopo la mancata ammissione a Medicina, restavano con noi solo un anno o due per affinare la preparazione, prima di ritentare il passaggio con successo».
Una sorta di “formazione a perdere”. Come avete invertito la rotta?
«Lanciando il corso in Inglese per cui è richiesto un livello B2 certificato. I primi 17 iscritti stanno terminando il quarto anno in un percorso riconosciuto in Europa e avviato con tutte le difficoltà del caso. Dati alla mano, il secondo e terzo anno contano una sessantina di studenti sino al traguardo del 2022 con 100 iscritti su 100 tra cui 4 italiani, rispetto a oltre 500 domande giunte da tutto il mondo, in particolare Iran, Afghanistan, India e Pakistan, oltre a Africa, Europa e States. Il prossimo anno accademico? Sono già arrivate 260 richieste».
Perché un numero così basso di italiani?
«Resta la paura di sostenere lezioni e esami in lingua straniera, sebbene nessuno pretenda l’inglese di Oxford».
Come spiega il declino dei corsi tradizionali?
«Da 25 anni il numero chiuso a Medicina ha innescato rimbalzi di studenti su Farmacia e Biologia, mentre oggi funge da calamita la penuria di camici bianchi. Detto questo, il nostro non è un corso facile: la figura del farmacista è sempre più sfaccettata. Occorre ascoltare le esigenze dei pazienti, lavorare in telemedicina registrando elettrocardiogrammi e scansionare nei, inviando poi il materiale agli specialisti, nonché misurare la pressione e predisporre preparazioni galeniche, date le carenze sul mercato di farmaci importanti. Il nostro obiettivo è soddisfare le richieste del mondo del lavoro, perciò quello riminese è l’unico corso in Italia dove si studia genetica per una terapia personalizzata. Al contrario di altre sedi, Rimini vede l’introduzione della sanità digitale e gestione della farmacia. Ma non solo. Affittiamo a 1300 euro a lezione un manichino umanoide dal costo di 100mila euro per le esercitazioni pratiche. Il punto di forza di una struttura piccola e snella come la nostra è proprio l’adattarsi in velocità. Nel primo semestre dell'ultimo anno sono programmati 4 giorni di full immersion con professionisti, come il direttore del Dipartimento medico scientifico di Technogym che illustra l’attività fisica come prevenzione delle malattie. In aula sbarca il mondo professionale che ruota attorno alla farmacia. Invitiamo come testimonial anche ex studenti: c’è chi lavora nel campo degli esplosivi, chi per il Ris di Parma».
La pandemia ha pesato sulle iscrizioni?
«L’emergenza sanitaria senza precedenti ha spaventato i ragazzi e non solo per i turni massacranti. Eppure il farmacista non è un mero dispensatore di scatole dietro al bancone, ma rappresenta uno dei punti di accesso al mondo della salute, capace di ascoltare e indicare le soluzioni più idonee. Chi si mette in tasca questa laurea può aprire un'officina farmaceutica di produzione o lavorare in aziende. Esiste una terra di mezzo tutta da esplorare che non compete ai medici ma dove non devono approdare ciarlatani».
Come la mettiamo con l’appeal di Medicina?
«Dopo 6 anni di corso, ce ne sono altri 4 di specializzazione. Al contrario dal prossimo settembre-ottobre la laurea in Farmacia diventerà abilitante. Su indicazione del ministero sarà eliminato l'esame di Stato che rappresentava un ritardo per l'immissione sul mercato del lavoro, viste due sole date in calendario, a giugno e novembre. Oltretutto si prospetta l’imminente pensionamento per la generazione del Baby Boom, i nati alla fine degli anni Cinquanta. Un’occasione da cogliere al volo».
L’auspicio è che gli studenti stranieri restino qui?
«Sì, tant’è che li incitiamo a conseguire il livello B2 in italiano prima della laurea. Se vogliono, è l'università a sostenere le spese. Nel tirocinio saranno una grande risorsa in una città meta di turismo e immigrazione».