Rimini, si dava malato e lavorava in discoteca: il Tar non riabilita l'agente di Polizia

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Il Tar di Bologna non riabilita l’assistente capo della Polizia penitenziaria in servizio ai Casetti, destituito dal suo compito per la falsa attestazione di una malattia per tre giorni, dal 19 al 21 agosto 2011, durante i quali ha invece lavorato come buttafuori alla discoteca Baia Imperiale di Gabicce Mare. Come testimoniato anche da alcuni clienti del locale e dal responsabile della sicurezza. Una condotta ritenuta dal Corpo «gravemente lesiva del prestigio e del decoro dell’amministrazione di appartenenza». L’agente è anche stato rinviato a giudizio per i reati di truffa, falso ideologico e materiale, anche se il Tribunale di Rimini, il 3 marzo del 2020, ha deciso di non procedere per intervenuta prescrizione. Così si è rivolto al Tar regionale contro l’espulsione per eccesso di potere, con il ministero della Giustizia che si è costituito in giudizio chiedendo senza successo che non si esaminasse il ricorso. Ricorso che al termine della udienza pubblica del 26 ottobre scorso è stato respinto, dato che, si legge nella sentenza, in primo luogo «anche in presenza di una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, l’Amministrazione può procedere all’instaurazione di un procedimento disciplinare e all’irrogazione della relativa sanzione». Inoltre la presenza come buttafuori nella discoteca è confermata dal responsabile della sicurezza della Baia e da due studentesse, mentre il medico curante non ha ricordato le circostanze della compilazione del certificato di malattia. Di contro la giustificazione dell’agente sulla sua presenza nel locale «quale accompagnatore della figlia risulta del tutto indimostrata», nonostante il biglietto d’ingresso non nominativo presentato. Per giurisprudenza consolidata, prosegue la sentenza, è «indubbia la rilevanza disciplinare della prestazione di altra attività lavorativa durante il periodo di malattia» e si «configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede». A niente, aggiungono i giudici, vale il precedente con cui il Tar ha accolto un ricorso presentato dallo stesso agente contro la dispensa per scarso rendimento comminata dall’Amministrazione penitenziaria nel 2014. Dunque il ricorso deve essere respinto e al ricorrente spettano le spese processuali da 2mila euro.

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