Rimini. Ricavi gonfiati per i ristori Covid: sequestri e denunce

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“Ingolositi” dai ristori concessi dal governo durante la chiusura delle attività nel lockdown del 2020, due imprenditori del Riminese hanno pensato di “gonfiare” i ricavi dell’anno precedente per avere diritto a migliaia di euro di rimborso. È così che in seguito a un’indagine congiunta di Polizia giudiziaria e Guardia di finanza è scattata la macchina giudiziaria a carico dei due uomini. Per loro, accusati anche di aver evaso l’Iva per centinaia di migliaia di euro, sono scattati provvedimenti di sequestro preventivo ai fini della confisca per 296mila e 141mila euro e per 13.950 euro.

L’ultima cifra per cui è stato disposto il sequestro in denaro, sul conto corrente o per equivalente, è quella riguardante il ristoro Covid.

Tramite false fatturazioni, i due imprenditori, che agivano secondo uno schema di interposizioni di varie aziende, all’apparenza autonome ma nei fatti riconducibili a uno dei due soggetti, avevano presentato all’Agenzia delle entrate un fatturato riferito all’anno 2019 (quello in base al quale veniva calcolato il rimborso per il periodo di chiusura del lockdown) di 93mila euro. Su tale importo, a luglio sono arrivati quasi 14mila euro di ristoro.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i 14mila euro scarsi sono stati subito ripartiti il giorno successivo tramite un bonifico a una società spagnola e un altro a uno dei due uomini.

La società spagnola, infatti, è risultata essere una delle tante ascrivibili al medesimo imprenditore. La porzione di ristoro Covid inviato all’azienda ispanica, infatti, era stata fatta figurare come una fattura, risultata poi falsa in base agli accertamenti svolti finora.

L’evasione dell’Iva

L’altro aspetto della vicenda, dal punto di vista economico ben più corposo, è quello dell’indicazione di passività fittizie legate alle dichiarazioni annuali Iva in danno all’Erario.

Il modus operandi è stato riscontrato essere sempre il medesimo, ripetuto negli scambi tra le innumerevoli società coinvolte nell’inchiesta, attualmente in fase di indagini preliminari.

Sanzionato dall’articolo 2 del decreto legislativo 74 del 2000, il comportamento a carico delle società collegate prevedeva la “maturazione di indebiti crediti Iva registrando fatture per operazioni, oggettivamente e soggettivamente inesistenti”. Inoltre, gran parte dei proventi venivano poi “girati” alla società estera, eludendo quindi la tassazione in territorio italiano. Sulla base degli accertamenti svolti, il gip Vinicio Cantarini ha quindi disposto il sequestro dei 296mila euro in riferimento all’Iva evasa nel 2018, 2019 e 2020, oltre che per i 141mila euro riferiti al 2018 e il 2019.

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