È l’ultimo messaggio di San Gaudenzo per monsignor Francesco Lambiasi, pastore della Diocesi che ha raggiunto l’età della “pensione”. In qualità di vescovo titolare e riminese onorario, parla infatti di «ultima opportunità per presentarsi nella duplice veste». È il giorno del Santo Patrono, il 14 ottobre, il momento in cui rivolgersi a cittadini, politici, autorità. Dopo la pausa legata alla pandemia, monsignor Lambiasi si dedica anima e cuore a pace e povertà. Al Comune chiede di aderire al progetto “Città rifugio” per i difensori dei diritti umani. Quindi rimarca più volte la soddisfazione per la rinuncia da parte di Ieg a Hit Show, la fiera della caccia dove però venivano esposte armi per la difesa personale. Messaggio per i posteri: «Sogno una Rimini città di pace».
I nuovi “ultimi”
Ne parla alla fine, ma il tema della povertà è il più impellente. Monsignor Lambiasi anticipa i dati della Caritas che lunedì presenterà il proprio bilancio sociale, ma il grido di allarme non può attendere. Da gennaio a settembre le Caritas di tutta la Diocesi hanno incontrato 4.152 persone (700 in più rispetto al 2021). Fra questi anche 608 ucraini, 430 dei quali in fuga dalla guerra. Il 57 per cento è «diventato povero» per colpa della pandemia e c’è chi è tornato a chiedere aiuto dopo oltre 5 anni, «segno che il Covid ha inciso tanto sul benessere delle persone». Il 45 per cento di chi ha bussato alla porta della Caritas vive nella provincia riminese con la propria famiglia: 1.883 nuclei contro i 1.753 dell’anno precedente. Che problemi hanno? «Trovare una occupazione stabile e redditizia, ma anche e soprattutto la casa sta diventando il problema più urgente: non si trovano alloggi in affitto e quando si trovano hanno canoni esagerati rispetto alla metratura e alle condizioni dello stabile». C’è anche di più. «Quarantadue famiglie hanno segnalato di avere ricevuto lo sfratto e di non sapere dove andare a vivere – denuncia il Vescovo –. Per questo abbiamo aperto l’Albergo sociale che attualmente occupa 44 persone, fra cui 13 minori». Povertà fa rima con occupazione (che spesso non c’è). La Diocesi da tempo ha attivato un Fondo del lavoro per favorire chi cerca e chi offre. «Da inizio anno sono aumentate le richieste da parte delle aziende: abbiamo fatto 43 inserimenti a fronte di una media di 30 all’anno. Dopo l’estate si nota un rallentamento e due aziende che avevano selezionato due candidati, visto l’aumento delle bollette hanno deciso di sospendere le assunzioni. Altre due che avevano fatto assunzioni per sei mesi con la prospettiva della stabilizzazione, visto l’incremento delle spese, hanno deciso di non prorogare il contratto».
Pace e bene
Monsignor Lambiasi dedica la prima parte del suo “ultimo messaggio” alla pace e all’incubo delle guerra. «Chi avrebbe mai immaginato che saremmo arrivati a temere la bomba atomica». Si rivolge quindi ai politici. «Un appello che faccio a partire anche da una città come la nostra che non sarà il centro del mondo come New York ma ha costruito tutta se stessa sulle relazioni e la capacità di accogliere». Parola d’ordine. «È fondamentale non dare più la pace per scontata e imploro affinché ciascuno faccio tutto il possibile per contribuire a una mentalità che renda impossibile ogni guerra. Ciascuno sia consapevole della responsabilità di essere per primo a porsi dalla parte dei più deboli e di chi non ce la fa. La crisi a volte legittima la guerra fra poveri, a caccia di responsabili, di capri espiatori veri e presunti, su cui scaricare la fatica, le ansie, la rabbia. Questo non è accettabile». Il compito di chi fa politica? «Essere i primi ad affermare che questo non deve accadere», guai a spaccarsi in «chi ce l’ha fatta e in chi è rimasto indietro». Finale a sorpresa. Viene chiesto un contributo ai presenti e la consigliera comunale Gloria Lisi propone ai colleghi un “corso” di approfondimento. «Tutti insieme, chi fa politica impari a costruire la pace».