Rimini. Peschereccio bloccato dalla burocrazia: si incatenano

«La burocrazia tiene bloccata in porto da mesi una imbarcazione: il risultato sono numerose famiglie che non sanno più come sbarcare il lunario, non potendo più guadagnare per tirare avanti».
La barca è un peschereccio di nome Donna Paola ed è lunga diciassette metri. Oltre al comandante, Pietro Graziano, dovrebbero lavorarci altri cinque marinai. Uscire in mare, pescare, portare a casa uno stipendio per pagare spesa e bollette. Dovrebbero.
Invece niente: la barca rimane in porto e loro non incassano nulla. E ogni giorno cresce la loro disperazione. Tanto che ieri, dopo avere trascorso senza risultato la mattinata in Capitaneria di porto hanno deciso di incatenarsi simbolicamente per fare capire quanto questa situazione stia diventando ogni giorno sempre più pesante.
La storia comincia alla fine dello scorso anno, quando Donna Paola viene comprata e c’è da registrare un cambio di proprietà. Dopo l’acquisto sono cominciati dei lavori di sistemazione e in pochi mesi sarebbe dovuta tornare in mare. Sarebbe. E invece non c’è ancora tornata e non si sa quando potrà tornarci. Tanto che l’armatore si è visto costretto a contattare un legale, l’avvocato Thomas Coppola, per fare valere quelli che considera i suoi diritti, ovvero potere rimettere in mare il peschereccio, ricominciare a lavorare e fare lavorare i cinque dipendenti.
«All’armatore, al fine di potere riprendere l’attività dopo il cambio di proprietà e i lavori, inizialmente erano state fatte dalla Capitaneria di porto delle prescrizioni improrogabili e altre prorogabili - spiega il legale -. Sostenendo anche delle spese ulteriori rispetto a quelle previste ha comunque adempiuto a tutte. Ma questo non è bastato. Ogni volta venivano richiesti certificati e lavori di adeguamento ulteriori. Era come ripartire sempre da zero».
L’ultimo della serie è quello relativo all’Ais, il satellitare per le imbarcazioni. «Il mio cliente spendendo ulteriori 2.300 euro, sempre su ulteriore prescrizione degli uffici della Capitaneria di porto, ha provveduto a sistemare tutto. Poi però è saltata fuori la questione del collaudo dell’apparecchio. Anche su questo un muro insormontabile. Non si sa mai quale sia l’ente che deve fare delle certificazioni o chi debba rilasciare le autorizzazioni e sulla base di cosa. Il problema è che il tempo passa, armatore e marinai continuano a non vedere un soldo e non si sa ancora quando questa storia potrà vedere le fine».