Rimini, la Cisl accusa l'hotel Brenta di sfruttamento

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«Una cosa vorrei che fosse ben chiara: noi vogliamo che il turismo sia considerato come patrimonio della collettività. Una ricchezza da cui devono essere estromessi quegli imprenditori che violano le regole e, sfruttando i lavoratori, fanno concorrenza sleale alle imprese oneste».

Sono le parole «un ritornello ormai vecchio visto che lo ripeto da anni» con cui Gianluca Bagnolini davanti alla spiaggia di Viserbella ha chiuso la conferenza stampa indetta dalla Fisascat-Cisl per denunciare un nuovo caso di lavoratori «costretti a lavorare anche 13 ore consecutivamente, senza giorno di riposo, cui non sono stati pagati gli stipendi o sono stati liquidati solo parzialmente».

Una denuncia lanciata a pochi metri di distanza dall’ingresso della struttura alberghiera oggetto della denuncia, l’hotel Brenta di via Porto Palos.

Le presunte vittime della nuova situazione di sfruttamento del lavoro stagionale in una struttura ricettiva, denunciata questa estate sempre dalla Fisascat, sarebbero sei: un uomo e cinque donne di cui due profughe ucraine arrivate a Rimini il 1 marzo scorso.

La testimonianza

«Ho lavorato al Brenta anche per 13 ore filate per quattro mesi con diverse mansioni: cameriera ai piani, aiuto cuoca – racconta Oksana –». Un impegno remunerato con uno stipendio di 1.200 euro fino all’ultima busta paga «che ad agosto è stata inspiegabilmente solo di 350 euro». Al Brenta oltre a lavorare da marzo ci viveva assieme al figlio «poi da un giorno all’altro il gestore ci ha chiuso la luce, il gas, l’acqua e sono stata costretta ad andare a vivere in affitto. Cosa spero di poter ottenere adesso? Spero di poter avere i soldi che mi spettano e di trovare un altro lavoro».

Il sindacato

«Abbiamo aperto sei nuove vertenze – rimarca Bagnolini – e diciamo a chiunque lavori non solo all’hotel Brenta ma in una delle strutture gestite dalla stessa società, e si trova nella medesima situazione, di contattarci. Così come diciamo che devono raccontare come stanno davvero le cose quando vengono eseguiti i sopralluoghi dall’Ispettorato del lavoro, dai Carabinieri, dalla Guardia di finanza. All’autorità non si deve nascondere nulla. Il buon lavoro si difende facendo rispettare le regole e rifiutando proposte di lavoro non regolari».


La certezza. I nomi dei protagonisti di questa ennesima vicenda di presunto lavoro sfruttato e sottopagato, sia di quelli che vestono i panni dei buoni sia di chi indossa quelli del cattivo, saranno sicuramente oggetto delle attenzioni della magistratura riminese. «Ai miei avvocati Francesco Pisciotti e Luca Caroni - dice Eugenio Barone gestore del Brenta - ho dato mandato perché mettano in atto tutte le azioni legali necessarie a tutelare la mia attività e la mia persona. Chi mi sta accusando ingiustamente ne pagherà le conseguenze. Contrariamente a loro che stanno parlando senza una prova, io ho tutti i documenti, le pezze d’appoggio, che smentiscono ogni loro affermazione». E spiega così il caso di Oksana la cuoca-cameriera. Lo fa mostrando la copia del documento firmato da lei e da tutti gli ospiti ucraini «compresi quelli che continuano a lavorare qui». Poche righe in cui si impegnavano a pagare la pigione (150 euro al mese per i bambini, 300 per gli adulti) non appena fossero arrivati i soldi stanziati dal Governo per dare un sostegno economico ai profughi. «Ecco perché - prosegue Barone - dopo averli ospitati gratis a marzo ed aprile, dai mesi successivi sapevano di dover pagare la pigione. Lo stipendio di agosto di Oksana è stato così leggero, perché era indietro con i pagamenti di due mesi. Posso anche dirle che il 27 giugno ultima data utile per saldare i propri debiti, il Brenta e l’hotel Fatima qua dietro si sono spopolati, e io non ho visto un solo centesimo». Barone teme la pubblicità negativa per la struttura, una delle quattro tra proprietà e gestioni a Rimini. Una quinta è a Lido di Camaiore. «Stranamente - evidenzia - tutta questa situazione è montata dopo che i ladri sono entrati in albergo e oltre a due cellulari, un computer, si sono portati via tutte le buste paga originali. Se pensavano di crearmi un problema non ci sono riusciti. Io ogni volta ne mando una copia al mio commercialista. Anche queste dimostreranno che io ho pagato sempre tutti gli stipendi».

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