Rimini. L'ex giudice si rifiuta di deporre sotto il crocifisso

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Torna in tribunale da testimone e riprende la sua battaglia esattamente da dove era rimasto. «Mi rifiuto di deporre in un’aula con il crocifisso». L’ex magistrato Luigi Tosti, costretto a lasciare la toga perché non intendeva più celebrare i processi dove campeggiava il simbolo cristiano, snocciola una serie di leggi e precedenti che giustificano il suo gesto con il piglio di chi non demorde mai. È stato l’antesignano in Italia di una battaglia che contrappone da decenni cattolici e laici e si ripropone periodicamente. Alla coerenza del testimone, il giudice onorario Manuela Liverani ha risposto con una scelta di buon senso: ha dapprima chiesto alla viceprocuratrice onoraria Elisabetta Rovinelli se avesse qualcosa da obiettare e poi ha fatto verbalizzare la più salomonica delle decisioni. Il rinvio dell’udienza e la richiesta alla cancelleria del tribunale di trovare e mettere a disposizione per la prossima volta un’aula nella quale non ci sia il crocifisso. Non si tratta di un provvedimento inedito. Tosti, che risiede da tempo a Rimini dove ha anche lavorato, ottenne di essere giudicato in un’aula priva di crocifisso anche nove anni fa, davanti alla Corte d’appello dell’Aquila, dopo un’ora di camera di consiglio. Va ricordato che il magistrato, in sede penale, è stato assolto in via definitiva dall’accusa di omissione di atti d’ufficio e da qualunque altro addebito ipotizzato a suo carico collegabile alla questione di principio sollevata con tanta forza. Allo stesso tempo, però, la Cassazione ritenne legittima la sua rimozione dalla magistratura, un fatto senza precedenti. I guai del giudice Tosti cominciarono nel 2005 quando, in ruolo al tribunale di Camerino, tra maggio e luglio si astenne dal trattare quindici udienze sollevando clamorosamente il problema del crocifisso. Ne pagò le conseguenze, acquisendo però una popolarità tale che il suo nome ricorre ogni volta che si riparla dell’esposizione del simbolo cristiano nei luoghi pubblici, scuola compresa, come è accaduto anche di recente in riferimento alla scuola. Le sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno indicato in quel caso la via dell’“accomodamento ragionevole”, del confronto, della “ricerca, insieme, di una soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse posizioni”, senza neppure escludere, in caso di richiesta, la possibilità di esporre simboli di altre religioni. Tornando a Tosti e a quella verrebbe da definire “crociata”, anche se il termine non è adatto alle circostanze, all’epoca dei processi incassò la solidarietà e il sostegno di esponenti di primo piano della politica e della società civile come Marco Pannella e Margherita Hack. Sedici anni dopo è ancora lui a sollevare la questione in un’aula di tribunale. Il processo riguarda una tentata truffa telefonica della quale ha rischiato di rimanere vittima. Un’occasione imperdibile per rilanciare la vecchia battaglia, ancora attuale.

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