Rimini. Investe pensionata e poi la sequestra in casa

Travolge una pensionata sulle strisce pedonali e la rapisce per cancellare le tracce del suo crimine che non avrebbe dovuto commettere perché la patente gli era stata revocata definitivamente da 10 anni prima. È l’incredibile storia che verrà ripercorsa dal prossimo 23 novembre davanti al Gup del Tribunale di Rimini Manuel Bianchi chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio di un 46enne originario di Acireale, S.C., ma da anni residente a Rimini, accusato di omissione di soccorso, lesioni personali gravissime, sequestro di persona.
La storia
L’incubo della signora che all’epoca ha 75 anni costretta a rimanere in ospedale sette mesi, che più volte ha rischiato di morire e oggi è invalida all’80 per cento, inizia il 6 ottobre del 2021 mentre spinge la propria bicicletta sulle strisce pedonali di viale della Repubblica. Improvvisamente la fila di destra di macchine ferma è superata da una vettura che centra in pieno la donna. La pensionata vola sul cofano, sfonda il parabrezza e poi viene scaraventata a terra a decine di metri di distanza. L’investitore prontamente si ferma. Prende in braccio la signora che non dà segni di vita, la carica in auto e parte a tutta velocità, ma non la porta al pronto soccorso, bensì nell’appartamento di via Crispi dove vive.La richiesta d’aiuto
La signora per fortuna riprende i sensi e chiama il figlio: corri a prendermi ho avuto un incidente e mi hanno rapita. La comunicazione poi cade bruscamente. L’uomo avverte subito i carabinieri. L’utenza viene intercettata e di lì a un’ora può finalmente riabbracciare la mamma e farla trasportare in ambulanza all’Infermi.Intanto il siciliano, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine riminesi, dà la sua versione dell’accaduto: ovvero d’aver incontrato la donna in via Pascoli in stato confusionale e di aver chiamato un suo dipendente perché arrivasse con un furgone per caricare la stessa e la bicicletta e portarla a casa per soccorrerla.
La storia, già poco credibile, veniva sconfessata dalle gravissime lesioni (innumerevoli fratture e lesioni interne) della vittima, restituita in fin di vita al figlio, che chiamava sul posto un’ambulanza 118.