Rimini. Indagata per truffa l'ex presidente di "Rompi il silenzio"

Il nome dell’associazione “Rompi il silenzio”, da anni impegnata nella tutela delle donne vittima di violenza, è stato inserito in un atto di denuncia per truffa presentato alla Procura riminese. A darne notizia è il Fatto quotidiano, che racconta l’avvio delle indagini a carico della ex presidente Paola Gualano e di una collaboratrice non socia, Loretta Filippi, per il reato di truffa. Reato denunciato il 10 giugno 2021 da sette ex socie dell’associazione, per il quale la pm Giulia Bradanini ha presentato però richiesta di archiviazione. Nell’attesa che il gip assuma una decisione in merito, le querelanti hanno fatto opposizione all’archiviazione.
La vicenda
A narrare le circostanze che hanno spinto le ex socie di Rompi il silenzio a sporgere querela è sempre il Fatto quotidiano, che riepiloga la vicenda che ha portato a formulare l’ipotesi di truffa. Le donne sarebbero venute a conoscenza di un “accordo” intercorso tra le due indagate secondo cui Gualano avrebbe percepito indebitamente 650 euro al mese, a partire da gennaio 2018 a maggio 2021, per un totale di circa 26mila euro. In quanto socia, da statuto, l’allora presidente Gualano non era legittimata a percepire il compenso per l’attività prestata. Eppure, sulla base dell’accordo tra le due donne - secondo l’ipotesi delle querelanti -, la collaboratrice avrebbe di volta in volta consegnato a Gualano la metà del compenso per l’attività prestata. Attività che, spiega il Fatto Quotidiano, è stato accertato dalla Guardia di finanza che veniva svolta 15 giorni al mese, mentre nelle fatture la prestazione sarebbe stata conteggiata per il mese intero.Il nucleo di Polizia economico-finanziaria di Rimini, in un’informativa del 7 marzo 2022, ha spiegato infatti che «la presidente e socia dell’associazione Gualano Paola non poteva in alcun modo essere retribuita», citando il dettato dell’articolo 2 dello statuto dell’associazione, che afferma che «la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui fa parte o tramite il quale svolge la propria attività di volontariato».
La Procura ha infatti definito «“circostanze provate” sia l’esistenza di un accordo tra le due indagate (afferma Il Fatto citando gli atti, ndr) sia “l’effettiva consegna di denaro”».
La richiesta di archiviazione
Il 23 marzo la pm ha presentato richiesta di archiviazione, poiché «il delitto di truffa non ricorrerebbe in quanto difetta la prova del danno come conseguenza dell’induzione in errore». Il pubblico ministero ha infatti valutato che il servizio assegnato alla collaboratrice veniva effettivamente svolto.Il 2 maggio poi le ex socie hanno presentato opposizione, evidenziando l’emissione di fatture non veritiere e ravvisando nei 26mila euro percepiti da Gualano il danno effettivo cagionato all’ente.
Nonostante numerosi tentativi, non è stato possibile raggiungere telefonicamente la ex presidente di Rompi il silenzio (dimessasi lo scorso anno).