Rimini in un fotolibro di Gianni Donati e Pio Sbrighi

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Complice un libraio di razza (Mirco Pecci), Marco Missiroli – scrittore affermato, autore di romanzi come Atti osceni in luogo privato e Fedeltà (ora godibile serie Netflix) – posa incuriosito lo sguardo sulle inedite fotografie di Gianni Donati e di Pio Sbrighi esposte tra gli scaffali della libreria Riminese.

Si concretizza subito una occasione empatica. Accade quando si innesca lo stesso percepire e condividere le cose, e, quando, per sondare la propria “riminesità”, quella più sottile e contemplativa, si coglie nelle immagini dei luoghi dell’affezione e della immaginazione della città un quid estetico immediato.

L’inedita collaborazione

Nasce in questo modo la collaborazione tra lo scrittore con i due fotografi. L’editore Pazzini di Verucchio ci metterà la sua sapienza di stampatore, mentre la Cooperativa degli operatori di spiaggia di Rimini e di Piacere Rimini, con il patrocinio del Comune di Rimini e la collaborazione di VisitRimini, faranno da supporto.

Vede la luce così Rimini di pietra, nuvole e sale, un volume fotografico in bianco e nero, oltre 200 scatti maturati negli anni, ma anche intervallati dai vari lockdown che si sono succeduti nei mesi angustianti che hanno scardinato le consuetudini sociali ed economiche della vita ordinaria.

Una ricerca coltivata in realtà da tempo, accudita da entrambi i fotografi con la dedizione imposta dall’indagine sul campo, alla ricerca dei lati nascosti della città e della marina.

Un libro per riminesi e non solo. Per i transfughi che da questa città si sono allontanati e possono riempire i sogni nostalgici di un nostòs auspicato. Per i pendolari distratti che possono ritrovare i segmenti interrotti di vita. Per gli amatori della fotografia, quella che guarda la realtà ma sa trasfigurarla. Si racconta di una Rimini nascosta e meno appariscente, di una Rimini balneare ma depurata dai luoghi comuni più vieti che l’hanno eletta capitale del turismo e della vacanza, della accoglienza e della trasgressione.

Oltre l’aria di festa e gli ombrelloni

Nella selezione fotografica esplode – per dirla con Missiroli – una «Rimini per come è Rimini, oltre l’aria di festa e gli ombrelloni fioriti nella bella stagione». Quella medesima Rimini da tanti condivisa «che nasce d’autunno e ha nell’imbrunire la sua ora più bella, quando le cose prendono la forma e ritrovano la quiete della loro stagione...».

La Rimini che compare è umile e segreta, contiene l’enigma e l’incanto del ricordo, negli spazi storici e nelle recentissime soluzioni urbanistiche, attraversati da sguardi sottilmente inquieti, catturati da lampi di luci notturne e teatrali; ma si dispiega anche nel fibrillio luminoso di un’alba sulla spiaggia o in un composto crepuscolo che si spegne sul mare tra file ordinate di ombrelloni.

Ha proprio ragione Missiroli quando dice: «I riminesi dovrebbero avere una carta d’identità speciale che riporti nome, cognome e numero del bagnino nel quale si è cresciuti». Una congiunzione reale di luoghi e vissuti che ciascuno riminese porta con sé. E che accresce la nostalgia. Superati i 20 chilometri di distanza – ironizza Missiroli – parte per il riminese doc il “groppo” della lontananza: si mischia l’odore della salsedine e la distesa del mare, il faro e il porto e la paleda, la piazza e l’Arco come punti di riferimento che non si dovrebbero mai più smarrire».

Gli autori

Gianni Donati è grafico e editor designer ma nutre molteplici vocazioni artistiche, dalla fotografia alla musica. Pio Sbrighi di mestiere fa il liutaio. Cresciuto nella bottega di Mario Capicchioni a Rimini, perpetua l’alta tradizione di liuteria tramandata da Marino Capicchioni. Assieme hanno dato vita a un omaggio fotografico a Rimini attraverso le corde sensibili del cuore e dello sguardo.

«Istintivamente volevamo conoscere meglio, approfondire, osservare con sguardo differente la città per cercare di “guardarla attraverso” e fissare con la luce il nostro punto di vista» racconta Gianni Donati, che nutre per Rimini di pietra, nuvole e sale, fotolibro realizzato a quattro mani, anzi a quattro occhi, assieme a Pio Sbrighi, con l’introduzione di Marco Missiroli, un sentimento di affettuosa partecipazione “genitoriale”.

Da Mario Dondero e Guido Guidi a Marco Pesaresi, da Luciano Liuzzi ai Paritani, da Venanzio Raggi a Saro Di Bartolo a Emilio Salvatori, Rimini certo vanta un alto tasso di fotolibri autoriali o d’agenzia ed è spesso vista come la città dove tutto s’avvera, anche i sogni che contengono sempre una vaga allusione felliniana – visto che il regista i sogni li ha inimitabilmente materializzati.

Qui la fotografia aiuta a spiegare le verità celate, il sentimento del tempo e la struggenza dei luoghi, ma anche l’intensità relazionale e umana nella occasionalità di incontri fugaci. Alcuni esempi? La presenza passeggera e distratta di un passante – come un ectoplasma – accanto al tempietto di Sant’Antonio sotto la luce di un lampione, o il dissolversi nella nebbia del nobile ponte romano; un cormorano in posa tra i pescherecci, gli inusuali scorci dell’area portuale, le lunari radici del cipresso calvo affioranti al lago della Cava.

La loro è una fotografia che andrebbe letta come correttore naturale di stati d’animo, come accade spesso con la musica. I percorsi narrativi che i due fotografi hanno creato sono metafora di un vero storytelling che si nutre delle contraddizioni di un mondo estremamente reale e al tempo stesso immaginario. Insomma una Rimini narrata che ispira e coinvolge. E in questi tempi bui ne abbiamo tutti bisogno.

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