«Non avrei mai pensato che un giorno sarei riuscito ad immaginarmi senza Bagno. Oggi è così. Mi hanno spento il sogno». Sconsolato, amareggiato, Marco Agostini, titolare dello stabilimento balneare 81, vive come immerso in un incubo. L’incubo delle aste pubbliche, che la direttiva europea Bolkestein impone, a partire già dal prossimo anno, nell’ambito della regolamentazione dell’affidamento delle concessioni demaniali.
Agostini, da imprenditore del mare come vive questa situazione?
«Malissimo. La vivo come una grande ingiustizia. Come un vero e proprio esproprio».
Se qualcuno le dicesse: ecco i soldi, vendimi il Bagno, lei come risponderebbe?
«Ecco qui le chiavi. Lavoro in spiaggia da quando avevo 14 anni. Prima come aiutante, poi come marinaio di salvataggio, infine come dipendente dello stabilimento balneare del mio babbo. E da qualche anno come proprietario. Ebbene, mai avrei immaginato di poter arrivare a dire “sì” ad un’eventuale vendita. Il problema, però, è che con la situazione che si è creata, nessuno compra. Aspettano tutti i bandi pubblici».
Quanto le è costato essere riuscito a portare il Bagno 81 ai livelli attuali?
«Tanto. Mi è costato tanto. E non solo in soldi, ma in sudore, in fatica. Questa concessione fu rilevata da mio padre nel lontano 1999, spendendo una cifra pari al valore di tre appartamenti di allora. Poi una volta passata a me l’ho ammodernata, migliorata, trasformata in “Bagno Dog no problem”, aperto ai cani quindi, e con tanto di sito internet dedicato: un servizio che pochi stabilimenti della Riviera possono vantare. Tutto lavoro sprecato. A favore di chi verrà».
In che senso?
«Nel senso che chi dovesse vincere all’asta questa concessione si ritroverà a gestire un’attività già avviata, con un portafoglio clienti carico, e con un servizio consolidato e ormai riconosciuto: quello dello spazio spiaggia dedicato ai cani, che, ripeto, in pochissimi garantiscono».
Agostini, secondo lei come si trasformerà il settore dei balneari?
«Spariranno le gestioni familiari che hanno reso grande Rimini, la Riviera, e il turismo italiano in genere. Arriveranno i grandi investitori, le grandi società multinazionali, per intenderci, che acquisteranno tutto per poi dare in mano la gestione a personale di loro fiducia. E sarà la fine del nostro lavoro. Chiamatelo pure libero mercato. Ma io mi chiedo: perché queste grandi società non sono venute qui, in questi anni, a chiederci di voler rilevare l’attività?».