Rimini. "Firma qua", costretta a comprare due abiti da sposa

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Quando la ricerca dell’abito da sposa diventa un autentico incubo. Quello successo a Gioia, 29enne riminese in procinto di convolare a nozze, è tutto il contrario dell’idillio che ogni ragazza costruisce nella sua mente quando si immagina di indossare l’abito bianco del “sì”, quello che fa battere il cuore e uscire una lacrimuccia. Il “sì” in questo caso è stato strappato dalla titolare di un atelier di abiti da sposa del territorio, che vedendola titubante su due vestiti le ha fatto una proposta. «“Lasciami un acconto di 100 euro e blocchi il prezzo degli abiti, così se decidi di prenderli, sai che li pagherai quanto stabilito oggi”». Gioia racconta che a seguito di questa proposta la donna le ha presentato due moduli da firmare, «io ammetto di non averli letti, ma lei - spiega la ragazza - mi aveva detto che era per attestare la funzione dei 100 euro, e il secondo foglio, di cui a differenza del primo non mi ha lasciato la copia, me l’ha sottoposto proprio un attimo prima che uscissi dal negozio. Era tutto pieno di scritte, allora io le ho chiesto: “È la privacy?” e lei è restata in silenzio, come ad acconsentire». Tutto l’episodio si è svolto alla presenza dei genitori di Gioia, che, come la figlia, sono usciti dall’atelier e hanno scordato quegli abiti, e soprattutto quei moduli e quelle firme.

«Li devi comprare»

Dopo un paio di mesi, però, quegli abiti rimasti appesi in atelier sono riemersi dal guardaroba per materializzarsi come uno spettro tra i peggiori incubi della 29enne. Nelle settimane successive, Gioia aveva deciso di ridurre il budget a disposizione per il vestito da sposa, fissando un tetto di circa 800 euro. Quei due abiti da circa 1.500 euro l’uno li aveva ormai scartati e gettati nel dimenticatoio. Finché una telefonata dall’atelier li richiama magicamente alla memoria. «Vienili a provare, ormai quegli abiti li hai bloccati, li devi prendere». Gioia all’inizio è incredula. La titolare del negozio insiste, e lei torna lì sempre insieme alla famiglia. Niente, li riprova ma non le piacciono e comunque quelli esposti sono tutti sopra il budget di Gioia. «“Fa lo stesso” mi ha detto la donna, “ormai hai firmato, se non prendi questi due, devi prendere altri vestiti, magari da damigella, per raggiungere la cifra a cui ti sei obbligata”». Gioia capisce che la situazione è seria, intervengono anche i genitori, cercano di spiegare che non era certo loro intenzione vincolarsi all’acquisto di ben due abiti da sposa, ma la negoziante non ne vuole sentire. «Ho avuto la stomatite per giorni, mi sento truffata - racconta la futura sposa - e ora non so cosa fare. Sto valutando se sporgere denuncia, ma un’associazione a tutela dei consumatori mi ha avvertita che avendo firmato, effettivamente, sarà difficile svincolarmi». «Però - aggiunge la ragazza - intanto ho fatto delle ricerche: ho scoperto che quello che è successo a me è successo a tante altre ragazze. Possibile che non si possa fare proprio niente?».

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