Rimini, Enrico Brizzi ospite della "Settima arte" al Fulgor

Vive ormai da dieci anni a Rimini e stasera lo si potrà ascoltare dal vivo in veste di cinefilo. Lo scrittore bolognese Enrico Brizzi, che sta per dare alle stampe un nuovo libro tutto dedicato a Giovanni Guareschi, sarà il protagonista della opening night del festival La settima arte (cinema Fulgor, ore 21), in dialogo con il direttore artistico Roy Menarini, che lo ha invitato a selezionare quattro film in programma in questa edizione della rassegna cinematografica riminese targata Confindustria Romagna e Università di Bologna.

Brizzi, qual è Il suo rapporto con il cinema?

«Il cinema è una ispirazione forte per la scrittura. Per me lo è stato sin dagli inizi. Da sedicenne, a Bologna, avevo già iniziato a scrivere brevi racconti, più che altro per farmi bello con gli amici e la ragazza. La prima cosa che provai a scrivere un po’ più elaborata l’ho plagiata copiando da Blade Runner, visto in una delle maratone di cinema offerte a prezzi scontati. Mi misi a scrivere la mia versione supponendo che nessuno lo conoscesse. Gli amici mi spinsero a inviarlo a un editore, cosa che feci. L’unico che mi rispose fu Massimo Canalini di Transeuropa. Ovviamente mi chiese come mi fosse venuto in mente di copiare da Blade Runner. Ma soprattutto mi diede consigli che per me furono rivoluzionari: invece di copiare dal cinema, mi disse, scrivi di cose che conosci. E di lì nasce Jack Frusciante è uscito dal gruppo, che fu Transeuropa a pubblicare».

Veniamo a oggi: un nuovo libro in uscita a breve tutto dedicato a Giovannino Guareschi. Perché?

«Mi sono imbattuto in lui lo scorso anno, quando correvano gli 80 anni di un ciclo-reportage che Guareschi scrisse per il “Corriere della Sera”. Un percorso di 1200 chilometri partito da Milano per arrivare a Rimini poi proseguito in Veneto per ritornare a Milano. Guareschi lo raccontò in sei puntate nel 1941. Mi sono andato a cercare quel racconto e l’estate scorsa ho rifatto il giro che fece Guareschi, fermandomi anche a Parma dall’ultimo figlio ancora in vita, Alberto. Di lì è nato un mio reportage in tre puntate uscito sul settimanale “Sette”. Però mi resi conto di non essermi liberato dal fantasma di Guareschi, diventato una sorta di ossessione. Ho iniziato a leggere tutto tu di lui. Per cui ho scritto questa biografia romanzata di Guareschi che uscirà il 12 maggio per Solferino. Si intitola Il fantasma in bicicletta».

Un libro in cui si racconta anche della frequentazione di Guareschi con la Romagna quindi?

«Nel primo reportage, di Rimini scrive che è la repubblica delle biciclette. Quando ancora non era diventato benestante mandava moglie e figlio in vacanza a Igea Marina. Nel dopoguerra, diventato celebre e ricco grazie al successo di Don Camillo e Peppone, acquistò una casa a Cervia, dove è morto. Nel corso delle mie ricerche ho scoperto che ci sarebbe stato un secondo viaggio, l’anno dopo quello raccontato sul “Corriere”. Scrive a un certo punto di essere arrivato a Igea Marina all’hotel Nettuno, ma in mezzo non c’è niente. La mia idea è che questo secondo viaggio, il cui reportage uscì sulla sua rivista “Il Bertoldo”, fu un’invenzione, una scusa per farsi un periodo di vacanza».

Un episodio di “Don Camillo e Peppone”, il terzo, lo vedremo stasera al Fulgor. È uno dei titoli che ha selezionato per “La settima arte”. Ci spiega il perché?

«Il terzo episodio è quello più fedele alle storie scritte da Guareschi».

Un secondo titolo che riguarda Guareschi è “La rabbia”, in programma venerdì alle 17. Un film di montaggio in due parti: una è realizzata da Pier Paolo Pasolini.

«È un film straordinario che fu ritirato appena uscito e mai più distribuito fino a poco tempo fa. Ed è incredibile il rapporto di Guareschi con Pasolini, un intellettuale all’apparenza all’opposto».

Gli altri film sono “Accattone” di Pasolini (venerdì 29, ore 14,30) e “Rocco e i suoi fratelli “di Visconti (ore 21). Qual è il filo rosso?

«L’idea era di creare un ponte tra due intellettuali così diversi come Guareschi e Pasolini. “Accattone” racconta una stagione in cui l’Italia passa da essere contadina a. Rocco e i suoi fratelli un po’ per lo stesso motivo: è la storia dell’emigrazione meridionale al nord, Milano».

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