Rimini. Detenuto si uccide, la denuncia: "La sezione andava chiusa"

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Lontani da tutto e da tutti. Dagli affetti, dal calore della propria famiglia. Rinchiusi in pochi metri quadri per giorni, settimane, mesi, anni. Portandosi dietro anche fragilità piscologiche gravi. Un mondo sospeso quello dei carcerati. Che scorre tra quattro mura e una grata di ferro. È il mondo “di dentro”. Visto da chi, per proprie responsabilità, si ritrova improvvisamente privato della libertà. Molti reggono, aspettando il giorno del fine pena. Altri no. E la fanno finita. Suicidandosi. Come il 37enne marocchino, impiccatosi, mercoledì scorso, nella sua cella ai Casetti. Una persona mentalmente debole, aveva già dato segni di squilibrio attraverso gesti di autolesionismo, e seguita da uno psicologo, che lascia moglie e figli: era entrato in carcere a marzo (solo piccoli reati nel suo curriculum).

L’ultima visita fatta

Non nasconde l’amarezza Ivan Innocenti, consigliere generale del Partito Radicale, da sempre vicino alle problematiche dei detenuti e promotore di diversi sopralluoghi ai Casetti. «L’ultimo risale a fine anno scorso – racconta Innocenti -, quando visitai il carcere insieme al presidente della Camera Penale di Rimini, Alessandro Sarti, al sindaco, Jamil Sadegholvaad, al vicesindaco, Chiara Bellucci, e al presidente del Consiglio Comunale, Giulia Corazzi. Tutti constatammo quanto fosse degradata e irrispettosa dei diritti elementari della persona, la prima sezione del carcere. Prima sezione, dove peraltro era rinchiuso il detenuto suicidatosi, che, secondo una relazione redatta dalla Camera penale di Rimini il 19 agosto del 2021, ancora prima del nostro sopralluogo di fine anno, era “da chiusura immediata, con 37 detenuti per 23 posti letto previsti”». Continua l’esponente radicale: «Nel documento della Camera penale, inoltre, venivano illustrate anche tutte le criticità della struttura, dal sovraffollamento alle condizioni degradanti e insane per i detenuti presenti».

La struttura e le carenze

Ecco quindi cosa denunciava la Camera penale di Rimini già nella sua relazione dell’agosto 2021: «Le celle, che possono contenere fino 6 posti letto, 3 letti a castello, hanno un separato angolo cottura all’interno del quale è posizionato, senza alcuna porta di separazione, anche il water. In sostanza – continua la relazione - la cucina è nello stesso angusto spazio in cui i detenuti defecano. Le docce sono comuni, in un locale fatiscente e consunto, e 3 delle 5 docce presenti risultano guaste e non funzionanti. Viene, poi, segnalata la continua presenza di scarafaggi e l’unico frigorifero presente nel corridoio della sezione è in condizioni di funzionamento precario». Una condizioni di fatiscenza chiara a tutti, dunque. «Anche all’Ausl – sottolinea Innocenti -: che, dopo un’ispezione effettuata il 24 novembre 2021, un mese prima della nostra, quella del 31 dicembre insieme a sindaco e vice sindaco, certificava: “Sono state riscontrate condizioni igieniche molto scadenti, con rischio sanitario per i detenuti. Le criticità si ritengono non risolvibili con interventi di ordinaria manutenzione”. Non solo detenuti – aggiunge Innocenti -, anche il personale penitenziario soffre questa situazione. Per questo il 15 agosto insieme ad una delegazione del Partito Radicale mi recherò di nuovo ai Casetti. Nel frattempo, però, sollecito la chiusura e ristrutturazione della prima sezione e anche della sezione transessuali, chiedo l’istituzione del Consiglio di aiuto sociale previsto dall’ordinamento penitenziario e in carico al presidente del Tribunale e un’ordinanza del sindaco di Rimini con azioni del Comune finalizzate a fare pressioni per risolvere la grave situazione umanitaria rappresentata dalle condizioni di detenzione della prima sezione, infine – chiosa Innocenti -, invito il Comune a nominare il Garante delle persone private della libertà, che manca da oltre tre anni, e a rinnovare la convenzione per l’esecuzione delle pene alternative al carcere».

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