Rimini, Dante attraverso i secoli secondo Sberlati

Archivio

L a biblioteca di Alessandro Gambalunga sorse in origine come un patrimonio librario cui venne affidato il delicato compito di riconoscere e tutelare il senso della “tradizione”. Di qui la scelta di consentire a tutti i cittadini la libera fruizione della biblioteca a partire dal 1619, anno della morte di Gambalunga.


Il successivo lascito, che alla fine del Settecento andò ad aggiungersi a quello originario di Gambalunga, apparteneva al cardinale Giuseppe Garampi, prefetto dell’Archivio Vaticano. Proprio dal fondo Garampi provengono i due più ragguardevoli testimoni medievali. Il primo di questi due preziosissimi documenti è il manoscritto della Commedia trascritto e annotato dal nobile veneziano Iacopo Gradenigo, verosimilmente vergato ai primi del XV secolo, finemente miniato nella sezione iniziale della prima cantica, sicuro indizio di fruizione aristocratica. Il secondo un autorevole codice dell’umanista Leonardo Bruni (1370-1444), autore di una Vita di Dante che costituisce una delle fonti più attendibili per la biografia del poeta.


Insomma, il rapporto tra la Gambalunga e Dante fu da subito fruttuoso, e fruttuoso rimase per oltre due secoli. Se si confrontano due documenti di eccezionale valore conservati alla biblioteca riminese, cioè l’incunabolo veneziano del 1477 della Commedia, con i commenti di Jacopo della Lana e Jacopo Alighieri, da un lato e, dall’altro, il commento neoplatonico di Cristoforo Landino che correda l’edizione della Commedia ristampata a Venezia nel 1536, risulta evidente la viva dialettica in cui il capolavoro dantesco si venne a trovare. Ancora negli anni Trenta del XVI secolo, appariva lecito interpretare la Commedia con gli strumenti esegetici che il geniale traduttore di Platone e Plotino aveva precisato entro il medesimo sistema simbolico da cui scaturirono le decorazioni del Tempio Malatestiano.

Conobbe le idee di Landino il cesenate Iacopo Mazzoni, autore di un Discorso in difesa della Commedia stampato nel 1573. Altro cimelio gambalunghiano che molto ci dice circa le critiche rivolte a Dante nella seconda metà del Cinquecento. Grazie al lascito Tonini, in Gambalunga si possono sfogliare le pagine dell’Apologia (1683) del monsignore padovano Alessandro Carriero, una appassionata difesa della Commedia dalle critiche del senese Bellisario Bulgarini. Oggi desta un certo stupore il fatto che un genio come Dante abbia dovuto procacciarsi dei difensori. Ma occorre tenere a mente che le fortune degli avi dipendono sempre dagli schemi identitari divenuti dominanti nell’avvenire.


Dante è figura ingombrante per la coerenza estrema con cui professò e visse le proprie idee politiche e la propria fede. Nel 1746 il frate riminese Guido Vernani compose un pamphlet per dimostrare la stoltezza delle convinzioni politiche di Dante, nel quale esprimeva severa condanna per la separazione tra potere religioso e potere temporale, riaffermando invece la legittimità del potere politico del sommo pastore. Non che nell’età dei Luni la fortuna di Dante conosca particolare successo, ma almeno è da ammettere che le edizioni settecentesche si lasciano apprezzare sul piano bibliografico e su quello critico. La Gambalunga possiede l’edizione in sei volumi pubblicata a Firenze tra 1771 e 1774: edizione che riporta il testo stabilito dai filologi dell’Accademia della Crusca, con il commento del gesuita Pompeo Venturi (1693- 1752). Opera assai ragguardevole sul piano dell’esegesi testuale, grazie alle note del senese Venturi. La Commedia rimaneva un’opera pericolosa, pertanto andava proposta ai giovani in condizioni di massima cautela: e Venturi non si trattiene dal biasimare le invettive dantesche contro i papi e il clero, e dal segnalare i presunti errori dottrinali in cui Dante incorse.


L’Ottocento contrassegna il valore poetico della Commedia attraverso la sua traduzione in immagini. Alla Gambalunga si possono ammirare i disegni di John Flaxman incisi da Giovanni Paolo Lasinio nel 1851, prezioso dono degli Eredi Bilancioni. È il Dante “visionario” che infervora la fantasia di poeti e artisti romantici, come dimostra la lunga sequenza di opere letterarie e pittoriche ispirate al mondo tenebroso dell’oltretomba. Un contributo decisivo lo ha dato anche la figura di Francesca, il cui fascino ha ispirato la tragedia in quattro atti di D’Annunzio, della quale la Gambalunga conserva due edizioni di notevole pregio. E con Francesca, eroina del vero amore e antesignana della libertà degli affetti, il compito del pedante filologo si interrompe rispettosamente.

“Le opere di Dante nella storia della Gambalunga”, Biblioteca Gambalunga, sale antiche. Orari: martedì-venerdì 9-13 e 14-18, sabato 9-13. Visite guidate: 0541 704326

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