Rimini, Covid e fine dell'emergenza: "200 precari a rischio taglio"

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«A Rimini, i contratti di 150-200 lavoratori precari assunti per affrontare l’emergenza sanitaria, che oggi potrebbero aiutare a smaltire le liste d’attesa, scadranno a giugno di quest’anno – fanno notare Cristian Lucarelli, segretario della Fp-Cgil sanità cittadina e Ornella Giacomini, segretario generale della Fp-Cgil di Rimini –. E il Governo, nonostante gli annunci del Ministro della Salute, non ha stanziato un euro, né ha sbloccato il tetto di spesa per la loro stabilizzazione».


«Crollo dei servizi»

La situazione non era già semplice prima della pandemia: «Dal 2010 al 2019, a causa dei tetti e dei pesanti tagli imposti alla spesa per il personale dai diversi Governi, il Servizio sanitario nazionale ha perso circa 45.000 dipendenti – ripercorrono Lucarelli e Giacomini –. Medici, infermieri, operatori sanitari ed amministrativi che hanno lasciato il lavoro per pensionamento e che per legge non si è potuto sostituire. Alcune Regioni che possiamo definire virtuose, tra cui l’Emilia-Romagna, hanno usato risorse proprie per assumere personale, riuscendo in tal modo a garantire, pur fra mille difficoltà, le prestazioni sanitarie e sociali ai propri cittadini nei tempi previsti».

Poi, «da marzo 2020, infatti, nella nostra come in altre province, l’organizzazione ospedaliera è stata completamente stravolta da continue riprogrammazioni, tutte finalizzate ad affrontare l’urto enorme della pandemia – aggiungono –. Ma, nonostante la dedizione e il sacrificio di tutto il personale sanitario e non sanitario, non hanno potuto evitare il crollo immediato della cura e dell’assistenza territoriale».

Ad aggravare il quadro, inoltre, hanno contribuito «grossolani errori di programmazione – continuano –, che hanno limitato per anni l’accesso alle scuole di specializzazione da parte dei medici neolaureati e negato a molti giovani l’ammissione alle facoltà di scienze infermieristiche specialmente al sud, causando oggi una ulteriore difficoltà a trovare personale».

Poi «la fuga dei medici dal settore pubblico verso territori più accoglienti e remunerativi nel settore privato – proseguono –, le difficoltà delle cure e assistenza territoriale, la difficoltà di comunicazione mai risolta fra cure primarie e medicina ospedaliera, e il numero enorme di accessi al Pronto soccorso con la conseguente iper richiesta di prestazioni diagnostiche e specialistiche».

«Subito una riforma»

Insomma, «per non soccombere, il Servizio sanitario nazionale ha bisogno subito di un piano straordinario di assunzioni e di essere adeguatamente finanziato – concludono Lucarelli e Giacomini –. Ha bisogno di una grande riforma che, oltre alla sostenibilità economica, guardi al cambiamento organizzativo dei percorsi di assistenza e cura per superare le tradizionali divisioni fra ospedale e territorio, ad un nuovo modo di intendere la prevenzione, al rilancio della medicina di base».

Rimettendo al centro i cittadini e gli operatori sanitari a tutti i livelli.

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