Rimini. Bimbo scosso, condannati i genitori per maltrattamenti

A quasi sette anni dalla notte in cui il loro bimbo, di appena 2 mesi, dopo essere stato “scosso” perché piangeva troppo rischiando di morire, la giustizia ha presentato il conto a papà e mamma che su di lui, salvo parere contrario della Cassazione, non hanno più alcun potere. È stata infatti loro revocata la patria potestà e si sono ritrovati a processo per lesioni personali aggravate e maltrattamenti. L’uomo, difeso dall’avvocato Andrea Guidi, è stato condannato a un anno e 6 mesi per lesioni personali gravi. Due gli anni inflitti invece alla compagna (già madre di un bambino avuto da una precedente relazione sottrattole) ritenuta colpevole di maltrattamenti. Era assistita dall’avvocato Umberto De Gregorio.

La storia

Era una sera del luglio 2014. Il padre chiamò sconvolto il 118 e, all’arrivo dell’ambulanza, raccontò di aver lasciato il piccolo che piangeva sul lettone solo per pochi secondi, giusto il tempo di scaldare il biberon. «Quando sono tornato era in silenzio, aveva gli occhi sbarrati e respirava a fatica». I medici del pronto soccorso pediatrico in breve riscontrarono nel neonato, per lunghe ore rimasto in pericolo di vita, le tipiche lesioni che vanno sotto il nome di “Sindrome da scuotimento”. Nel piccolo, che rimase un mese in ospedale e ha continuato nel tempo a soffrire di problemi alla vista e all’udito a causa dell’ematoma cerebrale (problemi ora risolti), furono notate delle “falde di liquido” a testimonianza della rottura dei vasi del collo che portano sangue al cervello. Un segno evidente dello scuotimento, frutto di una situazione del tutto simile a un colpo di frusta.

L’indagine

Il referto con la diagnosi, attraverso la segnalazione dei sanitari e di una assistente sociale, finì dritto in procura: il papà, messo alle strette, agli investigatori della sezione minori della Squadra mobile della Questura, raccontò di aver perso la testa di fronte al pianto ininterrotto, agli strilli acuti e interminabili. «L’ho scosso per farlo smettere, ma senza violenza. Giuro che non volevo fargli male». La fragilità del corpicino avrebbe fatto il resto. Anche la seconda versione, però, non convinse gli investigatori della polizia: sulla base di un filmato girato a loro insaputa in questura, sospettano che l’uomo, addossandosi la responsabilità, abbia cercato in realtà di coprire la convivente. La donna, già allora, infatti era alle prese con una vita da ricostruire: in passato le era già stato sottratto un figlio. Il bambino “scosso”, tutelato in aula dall’avvocato Valentina Broccoli, è da tempo affidato a una nuova famiglia: la madre, infatti, non superò un periodo di “osservazione” durante il quale le era stato consentito di tenerlo con sé in una casa protetta ma si disinteressò dei suoi bisogni primari.

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