Rimini. Bagno 26, passerella per disabili più larga: abuso edilizio

Non doversi procedere per sopravvenuta prescrizione dei reati. È la motivazione con cui ieri mattina la giudice Ersilia Agnello ha messo la parola fine alla vicenda giudiziaria che vedeva seduti sul banco degli imputati Fabrizio Pagliarani legale rappresentante della società cui fa capo il Bagno 26 Tiki e Alberto Bianchi, che in fondo alla passeggiata dello stesso stabilimento di Marina centro dove ha la gestione del ristorante ha attrezzato anche un molto apprezzato chiringuito. Entrambi gli imprenditori della sabbia erano chiamati a rispondere di una serie di presunti abusi edilizi contestati dalla Capitaneria di porto nel corso di ispezioni avvenute nel 2017. Violazioni contestate inutilmente da Bianchi e Pagliarani. Gli uffici al terzo piano del palazzo di giustizia, infatti, hanno deciso di chiudere le loro vicende con l’emissione di altrettanti decreti penali di condanna. Sentenze contro cui ha presentato opposizione il legale dei due imputati, l’avvocato Gianluigi Durante e che ha portato ieri alla sentenza di non luogo a procedere.

Le accuse

Tra le contestazioni mosse a Fabrizio Pagliarani, sicuramente la più “curiosa” se così di può definire viste le conseguenze giudiziarie, è quella riferita all’ampliamento avvenuto senza la dovuta autorizzazione, secondo la Guardia costiera, della passerella che attraversa le file di ombrelloni e porta al mare. Cosa effettivamente eseguita per permettere un accesso più agevole alla spiaggia e alla battigia delle persone portatrici di disabilità, soprattutto di chi è costretto a muoversi in carrozzella. Nel verbale d’accertamento erano annotate anche la presenza irregolare di un bancone che fungeva da reception e una recinzione anch’essa semovibile. Tutte opere mobili per la cui realizzazione, ha sostenuto in aula l’avvocato Durante, non era stato chiesto nessun permesso all’amministrazione comunale perché non era necessario trattandosi di opere che al termine della stagione balneare sarebbero state rimosse. Per Alberto Bianchi e il suo chiringuito, invece, le osservazioni facevano riferimento ad una serie di ombrelloni, ad alcuni tavoli messi attorno al gazebo e al banco con le spillatrici per la birra.

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