Ricercatrice riminese premiata: "Salviamo il cuore dei neonati"

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«Così salviamo il cuore dei neonati ma l’Italia non è un paese per mamme». A una riminese il premio 2023 “Per le donne e la Scienza L’Oréal – Unesco”. Francesca Berti, ingegnere biomeccanico, è stata premiata il 12 giugno scorso per i risultati ottenuti nella progettazione e verifica di dispositivi per migliorare il trattamento di patologie cardiache molto critiche nei neonati. Una frontiera che sfrutta metodologie di ultima generazione, come la stampa 3D, per approdare a interventi chirurgici poco invasivi. La 31enne è nata, cresciuta e ha studiato in riviera fino alla maturità scientifica conseguita con il massimo dei voti nel 2011, al liceo della Karis Foundation, “Georges Lemaître”. Oggi è una delle più apprezzate ricercatrici a livello internazionale, nella ricerca biomeccanica dei biomateriali medicali. Un percorso, il suo, culminato nella laurea con lode raggiunta nel 2016 in Ingegneria biomedica al Politecnico di Milano, città dove tuttora risiede e lavora. I suoi sacrifici sono stati coronati dal premio ricevuto nei giorni scorsi, assieme ad altre cinque ricercatrici italiane, scelte tra oltre 200 candidate da una commissione formata da professori universitari ed esperti, presieduta da Lucia Votano, dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare.

Dottoressa Berti, a differenza di tanti ricercatori, lei vive e lavora in Italia.

«Sono in controtendenza rispetto alla fuga dei cervelli all’estero, fermo restando che durante il dottorato di ricerca ho passato un periodo negli Stati Uniti, lavorando al Mit, il Massachusetts Institute of Technology. Un’esperienza bellissima e formativa: gli States sanno offrire molto sia nelle discipline scientifiche che nella ricerca accademica. Anche le carriere risultano più veloci e meglio remunerate. Però non è tutto rose e fiori: viene richiesta una scelta di vita che comporta trasferimenti frequenti».

Un altro scoglio?

«L’estero non è l’Italia quanto a relazioni. Adesso sono incinta di 7 mesi e combatto per rimanere in una città internazionale come Milano, a una distanza massima di tre ore dalla mia Rimini. Credo nei valori e amo l’Italia che, quanto a formazione è la migliore al mondo, ma non biasimo chi decide di fare le valigie, se sente vacillare la meritocrazia».

Com’è stato il suo percorso scolastico a Rimini?

«Per la mia crescita è stato essenziale il rapporto tra professori e studenti che caratterizza la Karis. Viene accordata grande attenzione all’individualità di ogni ragazzo. Siamo cresciuti insieme, senza esser mai ridotti a numeri».

Ci illustra il suo progetto?

«Il mio lavoro ha l’obiettivo di migliorare il trattamento clinico di neonati affetti da malformazioni cardiache molto gravi che non permetterebbero loro di sopravvivere. Si tratta di una percentuale molto bassa di bambini per cui manca un reale interesse delle aziende medicali a varare soluzioni efficaci. Per questo con l’aiuto del mio team, vorrei progettare piccoli dispositivi, dal diametro di qualche millimetro, da impiantare nei loro cuori. Dispositivi che si adattino alle singole esigenze e per questo tutti diversi e realizzati con tecniche di stampa 3D per abbattere i costi. Useremo materiali avanzati che consentiranno di impiantarli attraverso un piccolo catetere, evitando quindi le operazioni a cuore aperto ancora molto rischiose».

È possibile conciliare carriera e famiglia?

«Mi ritengo molto fortunata: nel mio gruppo di ricerca esistono importanti figure femminili di riferimento e il capo del mio laboratorio, il professor Giancarlo Pennati, si dimostra grandioso. Non avvertiamo differenze di trattamento. Dinamiche che, immagino, non si registrano dappertutto. Detto questo, in Italia è complicato trovare la quadra, me ne sto accorgendo a un passo dalla maternità. Inizio a scontrarmi con il fatto che voglio avere una famiglia ma esistono criticità che cui fanno i conti tutte le donne che lavorano. Basti pensare alla frenesia per cercare i nidi. Il nostro è il paese più bello del mondo, eppure mancano quei dettagli che aiuterebbero le mamme nell’immediato».

Quale messaggio rivolge agli adolescenti?

«Il mio consiglio è quello di divertirsi, dedicandosi a ciò che amano e li rende felici. Il resto, compreso il lavoro, verrà da sé. Se si sceglie la strada giusta, non sembrerà di studiare neanche un’ora. Al bando l’ansia di decidere con largo anticipo quale facoltà frequentare. C’è tempo e si può cambiare idea: l’importante è scegliere quello per cui ci si sente davvero tagliati».

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