RavennAntica: ricavi dimezzati e i costi fanno paura

Nel 2021 i siti gestiti dalla fondazione Ravennantica hanno incassato 414mila euro, una cifra più alta rispetto al 2020 – quando gli incassi erano precipitati a 248mila euro – ma ancora lontani dal 2019, ultimo anno prima del Covid in cui gli ingressi avevano portato nelle casse 821mila euro.

Due i siti principali gestiti dalla fondazione: Tamo, in centro storico, e soprattutto il faraonico Museo Classis. Qui lo scorso anno è stata ripetuta l’esperienza degli eventi e spettacoli “al Chiaro di Luna” che però non hanno riscontrato lo stesso successo dell’anno precedente: si è passati da 74mila a 31mila euro di incassi. E nel 2022 la manifestazione non è stata confermata.

Ultimo dato significativo, estrapolato dal bilancio che i soci hanno approvato lo scorso mese, riguarda le vendite del bookshop che riflettono l’andamento degli incassi e sono state pari a 195mila euro. Una cifra superiore ai 106mila del 2020 ma, ancora, nettamente inferiore ai 394mila euro di due anni fa.

La somma delle tre voci – bookshop, eventi e ingressi – rappresentano i ricavi dell’attività museale che quindi dal 2019 al 2021 si sono dimezzati, passando da 1,215 milioni di euro a 652mila. In mezzo, ovviamente, c’è stato il Covid che ha impattato nelle casse di RavennAntica. Il 2022 ha visto una ripresa degli afflussi turistici ma – si legge nella relazione di bilancio – alla data di redazione del documento non si tornerà ancora «ad un completo ritorno dei volumi pre pandemia» anche se i numeri «fanno ben sperare». Preoccupa poi l’aumento dei costi energetici.

Anche i numeri del 2019, tuttavia, non rappresentavano volumi enormi per quello che aspira ad essere un importante museo archeologico. Soprattutto se li si rapportano alla mole di contributi e sovvenzioni a cui è destinataria RavennAntica da un totale di sei soggetti, tutti pubblici: Comune di Ravenna, Ministero della Cultura, Regione, Camera di commercio, Presidenza del Consiglio dei ministri e Romagna Acque. Complessivamente lo scorso anno sono stati incassati 1,757 milioni di euro ovvero mezzo milione in più rispetto al 2020 (1,237 milioni) tornando in questo caso ai livelli pre Covid, visto che nel 2019 erano stati versati 1,703 milioni di euro.

Nell’ultimo anno, infine, la fondazione ha fatto anche ricorso alla cassa integrazione ma le spese del personale, anche per effetto della riapertura dei siti espositivi, sono rimasti pressoché stabili.

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