Ravenna, si offrono come suoi badanti ma le vendono la casa

Offrendosi come “badanti” e ospitando un’anziana conoscente, le avrebbero venduto la casa, portandole via anche una fetta di risparmi. Ormai a cose fatte, si sarebbero poi attivati per affidare la signora a una struttura assistenziale. Ma a quel punto l’intervento dei servizi sociali ha innescato un effetto domino finito direttamente in Procura, con un’indagine per circonvenzione d’incapace. Il processo nei confronti di una coppia ravennate - lui di 53 anni, lei 43enne - è entrato nel vivo ieri mattina davanti al giudice monocratico Andrea Chibelli.

La firma in ospedale

I fatti risalgono al 2013 stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini affidate alla guardia di finanza. Pare vi fosse già una conoscenza tra la signora (all’epoca 81enne) e il 53enne. Lui si offriva spesso di accompagnarla in auto. Poi però le condizioni di salute della vecchietta si erano aggravate, al punto da farla finire in ospedale. Sarebbe stato durante il ricovero al “Santa Maria delle Croci” che l’anziana - senza più familiari se non una figlia residente fuori provincia, costituitasi parte civile con l’avvocato Christian Biserni - avrebbe firmato una procura generale, affidando l’intera gestione del proprio patrimonio all’autista che tanto gentilmente l’aveva sempre accompagnata. L’uomo avrebbe in questo modo acquisito la facoltà di compiere qualsiasi amministrazione ordinaria e straordinaria sui suoi beni.

La casa venduta

Figurano nel capo d’imputazione a carico di entrambi gli imputati - tutelati dall’avvocato Paolo Gambi - i prelievi effettuati a partire dalla fine del 2013 dai conti della vittima, per un totale di 77.750 euro. Finanze poi bloccate nel luglio del 2016, dopo la nomina di un amministratore di sostegno. L’intervento del giudice tutelare era giunto in seguito all’ennesima operazione fatta - secondo l’accusa rappresentata ieri in aula dal vice procuratore onorario Claudia Lapazi - a discapito dell’anziana. La donna aveva assecondato pure la proposta di trasferirsi dai conoscenti. Liberata l’abitazione in cui viveva, quei due sedicenti “assistenti domestici” si sarebbero prodigati a metterla in vendita, riuscendoci e chiudendo l’affare a 51.780 euro.

La minaccia all’Asp

A operazione conclusa, nel maggio 2015, i due si sarebbero informati per affidare la signora a una struttura protetta, attivando però le verifiche dei Servizi sociali. Un’operatrice dell’Asp l’aveva trovata allettata e in cattive condizioni di salute, percependo in maniera evidente il suo disagio e la non autosufficienza. Per tutta risposta il 53enne l’avrebbe minacciata telefonicamente affinché non procedesse con le pratiche e con la visita geriatrica prevista da protocollo. Da quell’episodio (costato all’uomo anche l’accusa di minaccia a pubblico ufficiale), l’anno successivo è stata disposta l’amministrazione di sostegno, inviando poi l’esposto alla procura.

La difesa

La difesa insiste nel sostenere che non vi sia stata alcuna induzione a compiere atti contrari agli interessi dell’anziana e che entrambi gli imputati non ne abbiano tratto alcun profitto. Intende provarlo nel corso del dibattimento con l’escussione di nuovi testi, prima della sentenza rinviata a fine estate.

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