Ravenna, schiaffo all'alunno durante la gita: prof a processo

In questa storia ci sono due versioni: quella di un professore di liceo, che racconta di avere reagito legittimamente a uno scherzo irrispettoso subìto durante una gita tra i monumenti di Ravenna. E quella dello studente punito dopo l’accaduto con una nota disciplinare, che accusa il docente di essersi vendicato con modalità discutibili: e cioè con uno schiaffo sferrato pochi minuti dopo l’accaduto, seguito da insulti omofobi una volta tornati a scuola. I due racconti sono diventati argomento di un processo che vede il prof, un 63enne originario di Padova e insegnante in un istituto scolastico di Venezia, accusato di abuso di mezzi di correzione.

La gita

Era il ponte del 25 aprile del 2018. Dal liceo veneto erano partite due classi terze per vedere i monumenti. Docente e ragazzi erano entrati alla basilica di San Vitale e una volta usciti avevano approfittato del muricciolo perimetrale per recuperare le forze e radunare il gruppo. Il professore si era seduto, dando le spalle alla recinzione di metallo che si affaccia al giardino di Galla Placidia. Da lì era arrivato “l’agguato”. Lo studente parla di un filo d’erba, usato per solleticare il collo del docente. Il prof, difeso dall’avvocato Andrea Coppola, ieri ha raccontato davanti al giudice Federica Lipovscek di essere stato raggiunto da una sorta di spintone alla nuca, che gli ha fatto piegare la testa in avanti. «Mi sono alzato e ho visto lo studente che si stava allontanando ridendo». Lo avrebbe redarguito poco più tardi, limitandosi – secondo quanto riferito – a un gesto di rimprovero col dito, accompagnato da «un buffetto sul collo». Per il ragazzo – costituitosi parte civile con l’avvocato Giorgia Maschera – si trattò invece di uno schiaffo vero e proprio: «Altri compagni si sono avvicinati per capire che cosa fosse successo. Non ho mai detto nulla ai miei perché non volevo che all’ultimo mese di scuola ci fossero ripercussioni. Andavo bene, avevo la media del 7,5».

«Insulti a scuola»

Gli strascichi di quella gita finita male sarebbero durati alcuni giorni. Perché al rientro a scuola, il 27 aprile, il prof avrebbe preso da parte il ragazzo facendolo uscire dalla classe e dopo essersi assicurato di non essere visto gli avrebbe ricordato di avere a che fare con un pubblico ufficiale, aggiungendo, “ Qui non ci sono testimoni, e ti dico che sei un frocio di m...”. Parole che l’imputato ieri ha negato di avere usato, giustificando solo l’idea di isolarsi con il ragazzo per una questione «di privacy e di rispetto dello studente». Alla fine del mese seguente è stata la nota sul registro scolastico a dare il via alle azioni legali dei familiari dello studente, il quale ha successivamente deciso di cambiare scuola. Rigettato il loro ricorso contro l’istituto e il preside, il procedimento penale è invece proseguito e andrà a sentenza nel febbraio prossimo.

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