Ravenna: reazione allergica dopo l'intervento. Dentista condannato

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“Allergica alla penicillina”. La paziente lo aveva scritto con ampio anticipo in vista dell’intervento dentale al quale si sarebbe dovuta sottoporre. Eppure, nella terapia antibiotica postoperatoria quell’intolleranza non è stata presa in considerazione. La conseguenza? Tornata a casa, era svenuta subito dopo l’assunzione del farmaco, finendo in ospedale per un verosimile choc anafilattico. Troppa «fretta» del dentista, o forse colpa di «una non corretta professionalità», secondo l’accusa, che ieri ha chiesto la condanna a 3 mesi per Michele Antelmi, direttore sanitario 38enne del centro odontoiatrico Dentix Italia di Ravenna, parte della catena internazionale fallita a inizio 2020. Doveva rispondere di lesioni colpose, determinate dall’imperizia nell’esercizio di una professione sanitaria. Ieri il giudice Roberta Bailetti lo ha condannato a un mese di reclusione (pena sospesa) e al pagamento di una provvisionale di 3mila euro per la paziente, costituitasi parte civile.

La donna, tutelata dall’avvocato Antonio Luciani, aveva deciso di sporgere querela a distanza di qualche mese dall’intervento, avvenuto il 26 aprile del 2019. Una scelta dettata da un particolare non certo trascurabile: l’assicurazione della clinica si era rifiutata di risarcirla per il trauma patito. L’intervento era riuscito bene. La paziente era poi andata a comprare in farmacia l’antibiotico prescritto nella ricetta, delegando per il ritiro l’amica che l’aveva accompagnata.

La sera stessa, dopo avere assunto la pillola, la donna aveva fatto giusto in tempo a chiamare nuovamente la conoscente, dicendole di non sentirsi bene. Le aveva aperto la porta della struttura assistenziale per anziani in cui lavorava e le era svenuta tra le braccia. Portata d’urgenza in ospedale, si era ripresa dopo poco, ma era rimasta tutta la notte sotto osservazione e dimessa con una prognosi favorevole, certificando un “verosimile choc anafilattico”.

Per la difesa del direttore sanitario (assistito dall’avvocato Andrea Mazzacani) il referto medico rilasciato dall’ospedale non avrebbe attestato alcuna correlazione tra il farmaco ingerito né ci sarebbe prova di una reazione allergica tale da avere causato la malattia per la quale, a distanza di quasi tre mesi, la signora ha sporto denuncia. Di tutt’altro parere invece il legale della paziente, che ha accusato l’imputato di aver «tentato di annacquare il processo, stravolgendo i fatti e addossando la colpa all’amica», portando anche a deporre ex dipendenti facendo dire loro che il giorno dopo la donna stava bene: affermazioni, secondo il difensore, «al limite della falsa testimonianza». A rincarare la dose lo stesso vice procuratore onorario, Annalisa Folli, critico sulla ricetta, che «doveva essere chiara fin dall’inizio»: invece tra crocette, sottolineature e cancellature, avrebbe portato la farmacia a consegnare proprio quel farmaco dal principio attivo indicato nella scheda pre-operatoria.

Credeva di esserle amico. Tra favori e chiacchiere al bancone del bar, pensava di avere raggiunto quella confidenza sufficiente a prendersi certe libertà: come messaggi e chiamate agli orari più disparati. Quando lei gli ha rivelato l’intenzione di mollare il lavoro per fare la casalinga e mettere su famiglia con il nuovo fidanzato, il cliente fedele si è sentito in dovere di convincerla a cambiare idea. E alla fine lei lo ha denunciato per molestie. Non lo ha fatto subito, ma solo dopo avere appreso che l’uomo aveva querelato il suo compagno, portandolo a processo per lesioni. Ieri si sono ritrovati tutti e tre in tribunale, barista, fidanzato e cliente, rispolverando i fatti avvenuti tra il 2019 e il 2020 in un locale a Lido Adriano. Una situazione non proprio conciliante, al punto da rendere necessario l’intervento dei carabinieri per allentare la tensione dentro e fuori dall’aula. Colpa dei rancori ancora aperti: i guai per il fidanzato geloso sono infatti finiti a suo tempo risarcendo il cliente per l’aggressione riservatagli alle spalle (il ritiro della querela ha chiuso il procedimento penale a suo carico con un non luogo a procedere). Eppure ieri voleva a tutti i costi dire la sua per fare condannare il rivale. Il giudice Roberta Bailetti, non solo lo ha fatto allontanare dall’aula, ma nel pomeriggio ha assolto l’imputato con formula piena. Il vice procuratore onorario aveva chiesto la condanna a un’ammenda di 450 euro. Ma a fornire qualche assist alla difesa, rappresentata dall’avvocato Letizia Savà, è stata la stessa barista, sentita prima della discussione. Pur sostenendo che dopo il fidanzamento le pressioni dell’amico erano aumentate con continue raccomandazioni dicendole che «quello, non era l’uomo giusto», arrivando anche «a dirlo ai miei genitori», ha anche ammesso che «il mio compagno lo voleva investire in auto e alla fine gli ha messo le mani addosso». Per il legale, oltretutto, tra imputato e parte offesa c’erano contatti reciproci, «lei gli chiedeva di portarle il pranzo o di stamparle i compiti per il figlio». E mai la donna avrebbe detto esplicitamente al cliente di ridurre le insistenze.

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