Ravenna, Luca Sirri: "Vi racconto la mia partita contro il cancro"

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«Quando sei un atleta, abituato a lottare, giovane e in salute ti senti invincibile. Poi un giorno arriva la diagnosi: cancro. La paura diventa la tua compagna di vita e la partita da giocare è quella per la tua vita stessa».

Dai successi sui campi di volley alla lotta per la vita, fino alla rinascita e al nuovo lavoro con il desiderio di aiutare il prossimo. Il romanzo sulla storia di Luca Sirri, pallavolista ravennate, è un inno alla vita dopo aver attraversato il buio e sconfitto la paura. “Schiaccia la paura” (Bertoni editore) sarà presentato oggi, alle 17.30, dallo stesso Sirri e dall’autrice Elisabetta Mazzeo, nella sala Ragazzini in Largo Firenze.

Luca come è nata la voglia di raccontare la tua storia e mettere a nudo il periodo buio del cancro?

«Due anni fa l’idea è venuta a Elisabetta Mazzeo, giornalista che avevo conosciuto quando giocavo a Vibo Valentia, che dopo aver letto un mio post su facebook nel quale ringraziavo tutte le persone che mi erano state vicino durante la malattia mi ha proposto di raccontare la mia storia. Sono rimasto un po’ sorpreso, poi ho deciso di intraprendere questo cammino. Non è stato un percorso facile, anzi a tratti è stato doloroso, ma sono contento di averlo fatto e di aver lanciato un messaggio di speranza a chi combatte contro un cancro».

Da giocatore, a paziente e infine autista di ambulanze, qual è l’aspetto di Luca Sirri che emerge maggiormente?

«Dentro al romanzo c’è parte della mia storia di giocatore, ma soprattutto la storia della mia malattia e la ripartenza. L’obiettivo è quello di dare un messaggio di speranza a chi deve passare la brutta avventura di un tumore, ma anche di sottolineare l’importanza della prevenzione e la ripresa dopo la paura. Elisabetta Mazzeo è stata brava perché ha aspettato i miei tempi, eravamo in piena pandemia e io lavoravo molto, a volte era difficile raccontare, Elisabetta ha rispettato anche i miei silenzi. Per me è stato difficile ripercorrere la malattia, non sono molto espansivo, raccontarla è stato faticoso però essere riuscito a dare il messaggio che volevo è stato importante».

Il fatto di essere stato un atleta professionista, abituato a lottare, quanto ti ha aiutato?

«La pallavolo mi ha insegnato tanto nella vita e devo dire tantissimi grazie ai compagni di squadra, ai dirigenti, agli allenatori, agli accompagnatori e anche ai custodi delle palestre e dei palazzetti. Ognuno di loro mi ha aiutato ad essere quello di oggi. Lo sport ti fa vivere in una “comunità solidale” dove tutti si impegnano per raggiungere dei traguardi, per superarli e per questo serve impegno, coerenza e condivisione dei valori. Il fatto di essere stato un atleta mi ha aiutato a fare squadra con le persone a me più vicine e a schiacciare la paura quando ho dovuto affrontare la malattia. La mia forza è stato parlarne anche con chi stava vivendo come me un percorso difficile contro il cancro. Ho trovato tanta apertura con persone che avevano varie problematiche. Insieme abbiamo superato le paure».

Quando hai ripreso in mano la tua vita hai deciso di indossare i panni di volontario della Pubblica assistenza, come mai?

«Il fatto di regalare un sorriso a chi soffre per me è molto importante, anche solo tenere la mano a un paziente durante un viaggio in ambulanza. C’è sempre da lottare per raggiungere i propri obiettivi, sono contento del lavoro che faccio perché mi piace portare serenità e tranquillità. Appena possibile farò il concorso per provare ad entrare nel 118».

La quota dei diritti d’autore sul libro sarà interamente devoluta allo Ior.

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