Ravenna, le donne della storia di Ponte Nuovo in un libro

La storia dello sviluppo di un borgo della periferia ravennate raccontato attraverso il vissuto delle donne. A scriverla due sorelle che, dopo la scomparsa della madre, avevano deciso che «per esprimere riconoscenza a lei e a quel mondo femminile che aveva creato l’identità del nostro quartiere, dovevamo pubblicare un libro». E così ieri, a Ponte Nuovo, Giancarla e Valeria Tisselli hanno presentato per la prima volta “Donne che hanno costruito identità e relazioni”. Un testo scritto a sei mani visto che introduzione e un capitolo di collocazione storica l’ha redatto Laura Orlandini. Giancarla e Valeria, però, aiutate da Loretta Merenda e Laura Fedriga, hanno non solo raccontato la storia della loro famiglia, partendo dalla madre, Luigia Camerani, scomparsa sette anni fa. Hanno anche raccolto varie testimonianze e intervistato donne della stessa generazione, quella che, come spiega Giancarla, «sono uscite dalle famiglie patriarcali per fondare le prime famiglie mono-nucleo». Tra gli anni ‘50 e ‘60 Ponte Nuovo si popola, parallelamente allo sviluppo industriale di Ravenna. E’ il periodo in cui anche Luigia e Armando si spostano nella lingua di terra a fianco ai Fiumi Uniti, quando «ancora l’acqua nelle case non arrivava, e le donne andavano a rifornire le famiglie alla fontana vicina al Motel Romea. Solo nella nostra strada – spiegava Valeria –, all’epoca si chiamava QuintaTraversa, c’erano cento bambini. In sei strade si superavano i cinquecento bimbi». Con racconti familiari, interviste e foto d’epoca si ricrea quindi uno spaccato della storia di Ravenna, fatta di difficoltà ma anche di riscatto sociale. Come detto c’è la storia di Luigia, giunta a Ponte Nuovo dopo che da ragazza aveva vissuto a Castiglione con un comando tedesco in casa, un fratello partigiano a cui portava i viveri e un altro prigioniero in Algeria. Che fu una delle prime, nel suo quartiere, a prendere la patente «per fare l’ambulante e lavorare, senza stare troppo lontana dalla famiglia come le sarebbe accaduto tenendo un negozio. In tante da queste parti – prosegue Giancarla – hanno seguito il suo esempio, imparando a guidare l’automobile». Poi c’è il racconto di Cesira Mazzi e Giuseppina Ercolani, per decenni bariste del “Zani”. Viene ricordata la vita di Irma Baroncini, scomparsa pochi mesi dopo essere stata intervistata e che, rimasta vedova, lavorò come donna di servizio e le fu richiesto, dalla famiglia dove andò a esercitare, di crescere tre generazioni di bambini. Vedova rimase anche Ida Lama, che a Ponte Nuovo era la bidella della scuola, e che per non destinare i suoi tre figli al collegio faceva la notte alla Cofar e al mattino andava ad accendere la caldaia a legna della scuola del quartiere. Poi andava a dormire, ma era sveglia a mezzogiorno, in tempo per l’uscita dei bambini dall’istituto. Non mancano racconti di pioniere delle professioni “da uomini”, come Maria Manuzzi che faceva la “barbiera”, dopo aver seguito un apposito corso. O quella di Nadia Ferrini che oltre che la magliaia e la bracciante decise di imparare a fare la potatrice. Per sostenere la famiglia lavorava invece a domicilio Giuseppina Rastelli, che è scomparsa mentre il libro era in lavorazione e che in casa confezionava ciabattine fatte a mano. Unanimemente riconosciuta come la “chioccia” per le maestranze della cucina nella Festa de L’Unità è invece Giovanna Ghirardini che nel libro ricorda le riunioni dell’Udi, in cui si chiedevano gli asili per la località. Oggi a Ponte Nuovo ce ne sono due. Una prossima presentazione del libro si terrà il 17 marzo, alle 17, alla Casa delle Donne, ma le sorelle Tisselli vorrebbero che il cammino proseguisse: «Vorremmo portare la storia di queste donne nelle scuole. E chissà che, nel frattempo – concludono –, qualche donna di Ponte Nuovo non decida di prendere la penna e proseguire il lavoro, raccontando il vissuto degli anni a venire».