Ravenna, l'addio al celibato finisce in tribunale

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Gli addii al celibato, si sa, non sono proprio un esempio di sobrietà, ma difficilmente si traducono nella contestazione di reati, come invece è accaduto a Marina di Ravenna nella notte tra domenica e lunedì, quando un giovane di una trentina d’anni, residente nel Bolognese, è stato sorpreso dai proprietari di uno stabilimento balneare all’interno del loro locale chiuso. Il ragazzo, sospettato di avere sottratto anche del denaro dall’attività, è stato portato ieri in direttissima davanti alla giudice Federica Lipovscek: in tribunale ha raccontato come la serata, iniziata intorno alle 21, fosse presto degenerata in un notevole consumo di alcol. Alcol che avrebbe annebbiato la memoria del giovane, rendendogli difficile ricordare con precisione i dettagli di quanto accaduto. Sta di fatto che, pur ammettendo di essersi introdotto nello stabilimento, ha negato di avere sottratto l’incasso che si trovava all’interno: «I proprietari sono arrivati dopo avere sentito l’allarme e mi hanno detto di mettermi a sedere perché sarebbe arrivata la Polizia. Dicevano che avevo rubato la cassa, ma non ricordo di averlo fatto». E le forze dell’ordine, effettivamente, si sono presentate di lì a poco, conducendo l’uomo in Questura chiedendo di poter ascoltare anche l’amico che lo aveva accompagnato all’addio al celibato. A complicare la posizione dell’arrestato, però, non ci sono solo le riprese delle telecamere di videosorveglianza, grazie alla quali la Polizia è riuscita a identificare l’uomo: ci sarebbe infatti anche una telefonata nel corso della quale il ragazzo sembra fare riferimento a un qualche accordo preso con l’interlocutore, confermando di avere «fatto tutto». Il giovane, per il quale sono stati disposti il divieto di dimora in provincia di Ravenna e l’immediata liberazione, si è detto disponibile a risarcire la parte offesa.

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