Un anno e quattro mesi e una multa di 50mila euro per il presidente di Autorità portuale Daniele Rossi. Altrettanto per il segretario generale Paolo Ferrandino: sono queste le richieste formulate dal pm Angela Scorza nel processo per rito abbreviato che ha al centro della discussione l’inquinamento ambientale provocato nella piallassa Piomboni dal relitto della Berkan B. Il procedimento è stato poi rinviato a fine luglio, quando dovrebbe arrivare la sentenza.
L’ipotesi accusatoria
Di fronte al gup Corrado Schiaretti si sono scontrate le due tesi processuali. Seconda l’accusa, in buona sostanza, i due manager avrebbero rinnovato licenze e concessioni demaniali per la demolizione della motonave sequestrata nel 2010, nonostante la mancanza di un piano e di una certificazione sull’avvenuta bonifica del relitto. Avrebbero quindi partecipato al rimpallo di competenze, ignorando per circa un anno i solleciti da parte della Capitaneria di porto per sfatare il progressivo affondamento. Dalle varie consulenze tecniche disposte dalla Procura nel corso delle indagini, gli sversamenti oleosi della nave hanno compromesso un’area di 2.700 metri quadri, con acque profonde in media una decina di metri. Le panne galleggianti posizionate a più riprese avrebbero circoscritto la fuoriuscita di liquami ma senza evitare seri danni soprattutto all’avifauna. Il relitto della Berkan B, porta rinfuse di 108 metri varata nel 1984, è stato rimosso dopo l’affondamento alla fine dello scorso anno, due anni dopo l’affondamento definitivo. La nave è stata sollevata con complesse operazioni e poi portata fuori dal porto canale. Di quella lunga vicenda, iniziata con l’abbandono da parte dell’armatore e finita con l’inabissamento del relitto, restano ora solo gli strascichi giudiziari che, con tre possibili gradi di giudizio davanti, potrebbero essere lunghi. Ancora qualche settimana e, almeno il primo, sarà definito.