Ravenna, anticoncezionale finisce nei polmoni di una 23enne

A causare la migrazione di quel contraccettivo sottocutaneo è stato un suo inserimento non corretto. È una conclusione importante quella a cui sono arrivati il medico legale Lorenzo Marinelli e il ginecologo Ettore Bertelli, i due periti incaricati dal tribunale di Ravenna per far luce sull’inchiesta che vede un ginecologo della Domus Nova indagato per lesioni personali colpose nei confronti di una 23enne ravennate. Importante perché ammetterebbe una colpa diretta del medico nel causare il danno denunciato qualche mese fa dalla ragazza. Quanto accaduto è un evento rarissimo; a tutti gli effetti il primo caso di cui si ha conoscenza in Italia, ossia quello di un contraccettivo della lunghezza di 4 centimetri impiantato sotto il braccio poi migrato all’interno del polmone. Dalle analisi effettuate, quell’oggetto nel tempo si è infilato nel flusso sanguigno della giovane, iniziando così a muoversi per il suo corpo fino a quando non è sbucato nei polmoni, andandosi a depositare nel lobo inferiore destro, dove ora si trova avvolto da un sottile strato di endotelio.

Nei giorni scorsi gli esperti sono comparsi davanti al giudice per indagini preliminari Andrea Galanti, dove hanno risposto alle domande del pubblico ministero Cristina D’Aniello (titolare del fascicolo è il sostituto procuratore Monica Gargiulo) dell’avvocato della parte offesa Luca Donelli e dell’avvocato della difesa Giovanni Scudellari. Per oltre un’ora hanno ripercorso le fasi del loro lavoro. Ma è già evidente che l’eventuale processo che ne seguirà sarà tutto uno scontro di carattere tecnico tra periti e consulenti. Da una parte ci sono il pm e la parte offesa, una giovanissima ragazza spaventata, che da un anno si ritrova con un pezzo di plastica nei polmoni che i medici dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna si sono rifiutati di rimuovere, per via della pericolosità. Secondo la denuncia della ragazza ad inserirle nel 2017 quel dispositivo anticoncezionale non fu però l’esperto medico della Domus Nova ora indagato – che tra l’altro era stato formato per effettuare quella operazione – ma la sua infermiera, a cui l’uomo avrebbe delegato il compito. Un compito delicato, terminato con un presunto errore di inserimento. Inoltre, la 23enne non sarebbe stata adeguatamente informata sui rischi di quel contraccettivo, a suo tempo già noti anche dall’Ausl, che aveva diramato una nota sul farmaco in questione, il “Nexplanon”.

Di tutt’altro avviso la difesa, che ha nominato il professor Rizzo quale consulente, secondo cui il dispositivo era stato installato correttamente – anche perché nei primi mesi la ragazza lo avrebbe sentito nel braccio alla palpazione – ma si sarebbe spostato in conseguenza di uno sforzo, probabilmente durante l’attività fisica. A riprova del fatto, l’avvocato Scudellari ha presentato il caso di una ragazza a cui il contraccettivo andò a finire nella spalla a causa di sollecitazioni involontarie. Infine, sul consenso informato, poteva essere dato anche in forma orale.

I periti del tribunale hanno appunto ricondotto la causa della migrazione all’errore di inserimento, ma alla domanda precisa su chi sia stato ad effettuare l’operazione, se il medico indagato o l’infermiera, hanno risposto con un «non è possibile dirlo con certezza». Inoltre, il contraccettivo avrebbe smesso o starebbe smettendo di svolgere la sua funzione anticoncezionale. Alla domanda però sui possibili danni futuro, la risposta è stata che nella medicina è impossibile avere certezze al cento per cento, ma al momento non ci sarebbero danni evidente, anche se la parte lese dovrà sottoporsi a controlli periodici, forse per il resto della sua vita.

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