Pronto soccorso di Rimini, Ordine dei medici contro Uil

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«Nella sanità parlano solo i sindacati?». Maurizio Grossi, presidente dell’Ordine dei medici di Rimini, rilancia la palla nel campo della segretaria generale della Uil-Fpl cittadina Nicoletta Perno, dopo le critiche che il sindacato gli ha rivolto per le sue considerazioni sulle difficoltà dei Pronto soccorso.

«Qui mi sembra che si voglia dire che i “manovratori”, i sindacati e la direzione generale, non devono essere disturbati – osserva –. Noi disturbiamo, perché altrimenti qui si passava tutta l’estate nel silenzio totale. L’Ordine non deve entrare a gamba tesa? Ma noi entriamo a gamba tesa e facciamo anche fallo, se c’è bisogno, pur di non far subire ai cittadini certe situazioni. Più siamo soggetti di questo dibattito, meglio è. Non passi neanche per l’anticamera del cervello che gli ordini debbano tacere. Gli ordini fanno quello che devono fare».


«Tuteliamo i cittadini»

Punto primo, «l’Ordine dei medici è un ente pubblico, nato con una legge del 1946, quindi siamo tra le più vecchie istituzioni della Repubblica italiana, che garantisce e tutela il cittadino – sottolinea Grossi –. Quindi l’ordine professionale non tutela gli iscritti, tutela prima di tutto il cittadino. Siamo un ente pubblico dello Stato, ausiliario dello Stato, quindi abbiamo una funzione pubblica, contrariamente ai sindacati».

E «non stiamo difendendo i privilegi di nessuno, stiamo difendendo i cittadini – aggiunge –. Quei cittadini che vanno in un Pronto soccorso, e quando si va in un Pronto soccorso si va perché si sta male, al di là di tutto quello che si dice sull’accesso improprio. E’ improprio nel momento in cui uno ti tranquillizza, ti prende in carico e ti dice “Non hai niente”. Se uno sta male, va in Pronto soccorso. Dire che uno non ha niente… allora glielo potrebbero dire al Triage, perché non glielo dicono e lo visitano?».


Azioni legali? «Falsità»

Capitolo ancora più caldo, l’accusa di sollecitare azioni legali: «Questa è una falsità – commenta senza mezzi termini il presidente –. Le azioni legali che hanno fatto i medici (per non essere costretti a lavorare in pronto soccorso, ndr) non le ha sollecitate l’Ordine. Questi medici, autonomamente, hanno fatto un’azione legale nei confronti dell’Azienda sanitaria e ce l’hanno mandata per conoscenza».

Dunque, «sempre nella totale ignoranza di quelli che sono i compiti dell’Ordine, la legge istitutiva recita, all’articolo 3, che “l’Ordine si interpone, se richiesto, nelle controversie tra i sanitari o tra i sanitari e enti a favore dei quali il sanitario presta la propria opera professionale” – continua –. Siamo chiamati ad essere una sorta di luogo di conciliazione delle controversie che ci sono tra i colleghi iscritti e il datore di lavoro presso cui lavorano, e abbiamo la finalità di conciliare le vertenze».

Però «l’azione legale non l’abbiamo sollecitata – ribadisce –. Siamo stati chiamati in causa da questi medici, che ci hanno portato a conoscenza del fatto che c’è un’azione legale che non abbiamo sicuramente sollecitato. Quindi non facciamo gli interessi di bottega, quelli sono tipicamente dei sindacati».


Il sassolino nella scarpa

Che l’Ordine non sia uno spettatore passivo lo chiarisce anche il codice deontologico dei medici. «L’articolo 70 dice che “Il medico deve esigere, da parte della struttura in cui opera, ogni garanzia affinché le modalità del suo impegno e i requisiti degli ambienti di lavoro non incidano negativamente sulla qualità e la sicurezza del lavoro” – prosegue Grossi –. Quando uno va a lavorare e rischia di essere menato, come è successo in Pronto soccorso, viene insultato ripetutamente, come testimoniato da molti infermieri, mi chiedo se si sono messe in atto delle procedure per ridurre questo contenzioso, questa violenza sul luogo di lavoro».

E «il medico, per “esigere”, da chi va – domanda retoricamente –? Va dal proprio ordine professionale, che si fa portavoce presso le aziende, se le aziende lo ascoltano. Solo che qui c’è l’idea che gli ordini non devono disturbare i “manovratori”. Non hanno capito nulla di che cos’è l’ordine professionale».

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