Principe Maurice e il Cocoricò: movimento artistico epocale

«Nessuna sconfitta per la generazione X: al contrario, la consapevolezza di essere stati parte di un movimento musicale, artistico e sociale di valore epocale».

Maurizio Agosti Montenaro Durazzo, in arte Principe Maurice, attore, cantante, performer e regista, protagonista di un Night theater show che percorre i palcoscenici di tutta Europa, e che da 29 anni è maestro di cerimonie e ambasciatore ufficiale del Carnevale di Venezia nel mondo, racconta così il Cocoricò di Riccione.

«Semmai, è il sistema che è malato – ribadisce –, e quando alziamo la testa si inquieta e reagisce restaurando col terrore poteri forti e opprimenti. È un fenomeno ciclico, e non mi preoccupa: forse noi siamo gli ultimi testimoni di un’epoca, ma in tanti giovani c’è fermento, c’è la curiosità di essere protagonisti del proprio tempo forgiandolo in maniera creativa e costruttiva». Su quel mondo è in corso di lavorazione il docufilm Cocoricò tapes, coprodotto da Sunset Studio e La Furia Film, e diretto da Francesco Tavella.

«Quello del “tempio” di Riccione fu un esperimento culturale e teatrale immenso, un momento gioioso e innovativo, rivoluzionario come lo era la musica house, non più soggetta ai diktat delle major ma prodotta in casa dai dj».

Lei, allievo di Lindsay Kemp e Carmelo Bene, cosa trovò e cosa portò su quel palco?

«Una modalità espressiva alternativa al teatro, con una performance fruibile da un pubblico giovane e che comprendeva anche la danza sulla musica elettronica. Un piccolo melodramma, insomma, che piacque al direttore artistico Loris Riccardi e diede vita a un teatro notturno realizzato in piena libertà, sulla base di temi di volta in volta suggeriti da lui stesso».

L’idea ebbe successo.

«Moltissimo: tanto che su quel palco passarono La Fura del Baus, i Magazzini Criminali, le compagnie della scuola di Santarcangelo… in un bellissimo clima di fermento alla base del quale stavano gusto e ricerca originali attribuibili anche ai dj in residenza, come capitava per gli eventi del Morphine di Nicoletta Magalotti (NicoNote) trasmessi già allora live sul satellite!».

Ma poi le cose sono cambiate.

«Sì, e in tempi recenti ci si è messo anche il lockdown, una violenza necessaria ma inquietante. Sembra che quando si cerca di fare qualcosa di nuovo… bam! Però, se non c’è possibilità di innovazione, siamo tutti sconfitti, non una sola generazione o un locale».

Eppure sul Cocoricò c’erano anche voci ostili.

«Ci fu una vera e propria campagna denigratoria: ma il tempio era iconico, e per la nostra libertà di espressione e di pensiero costituiva un facile capro espiatorio. Io stesso però fui chiamato da Livia Turco, allora ministra per la Solidarietà sociale, come consulente sulle terapie per la riduzione del danno. Il Governo intendeva capire meglio quel mondo, ma la mentalità dominante era quella di vedere nel Cocoricò solo il marcio e il brutto. In realtà, i ragazzi si sentivano parte dello spettacolo, e questo si manifestava con un’esplosione di gioia, di libertà, fantasia e creatività, e festa. Oggi invece è saltato persino il discorso sulla prevenzione, anche riguardo al sesso, come se certi tabù fossero tornati! Ma c’è anche chi ha voglia di uscire dalla falsità dei social, dalla trappola della non accettazione di sé. Nelle serate che faccio avverto la voglia di fare tribù in senso bello, e mi sento di affrontare ancora la fatica dello show perché intorno ci sono entusiasmo e curiosità. Forse la soluzione è proprio quella di tornare a situazioni di clubbing sul modello londinese: al Cocoricò e in tanti locali della collina romagnola adatti ad accogliere il pubblico con cura, attenzione, con una conduzione oculata e lungimirante come sta facendo la nuova gestione della Piramide».

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