Pastocchi, la cantina rossa in cima alla collina

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La grande casa rossa che svetta sulla collina in località Santa Cristina, si staglia sgargiante sullo sfondo azzurro del cielo che tocca il mare e verde delle colline riminesi, in lontananza la sagoma del Monte Titano. È stata costruita nel 2017 al centro della vigna dell’azienda agricola Pastocchi, e contiene la cantina rinnovata. Un poco alla volta, la stessa casa diventerà, ai piani superiori, un’ attrezzata sala degustazione per ospitare clienti ed eno-appassionati. Intanto, mentre marca con la sua impronta colorata il paesaggio, al piano interrato l’edificio ospita tutta la produzione della famiglia Pastocchi. L’azienda agricola esiste dagli anni Settanta e come tutte le aziende agricole dell’epoca nasceva polifunzionale, con il vino che occupava solo una parte della produzione e in genere veniva prodotto sfuso su commissione; la specializzazione sul vino, fino ad arrivare a quella che è oggi, inizia di fatto negli anni Ottanta. È stata mantenuta la coltivazione degli ulivi per la produzione propria dell’olio extra vergine, come accade in moltissime aziende vinicole del Riminese. Dal 2014 Gianluca Pastocchi entra in cantina per lavorare a fianco del padre Claudio e dal 2016 segue lui stesso la produzione e ultimamente ha preso in affitto l’azienda e la sua gestione in toto. «Oggi ho 31 anni, ma la decisione di dedicarmi al vino e di mettermi in proprio risale a quando ne avevo una ventina – racconta Gianluca che prima lavorava in un mulino a San Marino – . È stata una di quelle scelte che si fanno un po’ con l’arroganza e la presunzione di quell’età». Una scelta di cui oggi però si dice soddisfatto e lo si vede da come si muove fra la sua vigna e la sua cantina, raccontando quelli che sono i vini che gli danno più soddisfazione o più grattacapi. Ma quello che gli piace di più, racconta, «è il forte senso di libertà che un lavoro all’aria aperta e a contatto con la terra mi dà».

La vigna e i vini

La vigna di circa 10 ettari complessivi si estende in due parti ai lati della tessa casa colonica. I filari, in pendenza, sono esposti tutti a sud, sud ovest. Per Gianluca, la 2020 è la prima vendemmia “tutta sua”, ma sapeva già da prima che dovrà sempre più spesso fare i conti con estati sempre più calde che conferiscono sì potenza e colore alle uve, ma anche qualche difficoltà in più, proprio per governare un tenore alcolico che è sempre importante, dovuto proprio al contenuto zuccherino importante. Oggi qui si producono mediamente ventimila bottiglie all’anno; le etichette sono otto, di cui alcune, come ad esempio il passito da uve di grechetto gentile, non vengono però vinificate tutti gli anni, ma solo in quelle migliori. Particolare attenzione è data alla Rebola, Cantina Pastocchi fa parte infatti del gruppo di 16 produttori riminesi che dall’anno scorso ha unito le forze per promuovere questo vino come portabandiera della propria macro zona viticola, coinvolgendo diverse espressioni della stessa tra la Valmarecchia e la Valconca. «In vigna abbiamo circa un ettaro e mezzo di grechetto gentile e dall’anno scorso ne abbiamo preso in affitto un altro piccolo vigneto. Per Il Rebola abbiamo optato per una raccolta anticipata, proprio per cercare di puntare agli aromi, e in vinificazione a una breve macerazione sulle bucce», spiega Gianluca che segue sia la vigna che la cantina. Il risultato è una Rebola potente che raggiunge e spesso supera anche i 14 gradi, nonostante questo è dotata di un profumo suadente tipico di fiori e pesca bianca. I rossi occupano poi gran parte della produzione. Il Romagna Sangiovese superiore La Greppa è caricato dei colori e dell’estratto da una macerazione di una decina di giorni e al momento la vendemmia 2021 è ancora nelle vasche di cemento. L’assaggio promette bene, per la freschezza, il tannino non esagerato e un buon sorso di piccoli frutti rossi. La riserva , “Classe 1927” è l’unico vino della cantina che matura in legno, un tonneau di rovere giunto al quinto passaggio. «Non vado pazzo per il legno, ma mi diverte l’evoluzione che il vino ha a contatto con questo materiale», racconta Gianluca. Il vino di cui va poi orgoglioso è il cabernet sauvignon Solis Ortis. Questo vitigno internazionale in particolare in alcuni terreni calcarei del Riminese da tempo ha trovato una zona di elezione. La nota erbacea al naso è netta e piacevole, complessa e balsamica, così nel bicchiere come in bocca il vino si offre polposo e carico di estratto e saporito ma non pesante, l’ultima annata sta ancora maturando in cemento in attesa dell’imbottigliamento, senza troppa fretta.

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