"Partiti da Cattolica abbiamo raccontato i successi di Sacchi"

C’è anche un po’ di Cattolica nel docufilm “Arrigo Sacchi - La favola di un visionario”, sull’ex allenatore del Milan stellare e ed ex ct della Nazionale italiana. Non nelle immagini, nei racconti o nei protagonisti intervistati, ma in tutto quello che c’è dietro. A curare la produzione ed il montaggio è stato infatti lo studio Media Run di Cattolica e, in veste di direttore dalla fotografia, il cattolichino Francesco Faroni che, nel settore, ha un’esperienza trentennale.

Com’è nato il progetto?

«L’idea è nata dal regista ravennate Nevio Casadio, con cui ho avuto modo di collaborare in passato per alcuni documentari. È stata coinvolta la casa di produzione parmense “Verdiana film”. Dopo una serie di riunioni tecniche ci hanno scelto come casa di produzione sul campo per le riprese, la post produzione e, personalmente, come direttore della fotografia. Il progetto è stato finanziato da Medusa Film».

Com’è stato immergersi nel mondo del calcio?

«È stata un’avventura abbastanza particolare per me, che non ho mai seguito una partita di pallone. Avere a che fare con Sacchi, personaggi come Adriano Galliani o gli storici giocatori del Milan, almeno inizialmente mi ha messo piuttosto in imbarazzo. Poi in realtà quasi tutti gli intervistati si sono divertiti come matti perché eravamo una troupe tutta romagnola verace: dai fonici all’équipe tecnica di ripresa. Abbiamo gestito tutto in maniera professionale, ma anche con una dose di goliardia».

Ci racconta com’è andata?

«Sì, soprattutto dal punto di vista tecnico e logistico. Molti giocatori erano collocati in svariate parti d’Europa. La casa di produzione ha dovuto fare un lavoro enorme per i contatti e il coordinamento delle diverse sessioni di shooting. Ricordo, ad esempio, quando nel luglio scorso da Cattolica siamo arrivati a Napoli per delle interviste, quindi a Roma, poi con un traghetto siamo arrivati a Barcellona proseguendo fino a Madrid per intervistare Ancelotti. Quindi siamo tornati a Cattolica e due giorni dopo ripartiti per Amsterdam. Abbiamo girato tutta l’Italia e buona parte dell’Europa».

Quando sono iniziate le riprese?

«Il 16 giugno del 2022, finendo di girare a metà ottobre dello stesso anno. Abbiamo fatto una quarantina di interviste, per un totale di 25 giorni di shooting e 80 ore di girato. Aggiungendo agli shooting tutti gli spostamenti, siamo quasi a 60 giorni di lavorazione, più tre mesi di post produzione. Ridurre tutta questa mole di materiale a 90 minuti di documentario è stato possibile solo grazie ad un lavoro di regia e di editing importante. Il post produzione è stato un lavoro molto complesso, giostrato perfettamente dalla montatrice cattolichina Eleonora Tonini».

Com’è stata l’esperienza con Arrigo Sacchi?

«Abbiamo passato alcuni giorni a casa sua per le riprese e l’intervista. Credo sia una persona davvero speciale, una persona dotata di una grande umanità. Ad ascoltare i suoi racconti, lo ricordo come fosse ora, avevamo la pelle d’oca. Ha raccontato tanti aneddoti, ma solo alcuni hanno trovato posto nel docu-film. Arrigo Sacchi è stato realmente il cuore di questa lunga avventura».

Ed il rapporto con i giocatori e gli altri personaggi intervistati?

«Conoscere i giocatori e allenatori è stato divertente. Ruud Gullit è quello che mi è rimasto più impresso. Si è dimostrato una persona di una squisitezza totale e molto intelligente».

Qualche rimpianto?

«Quella di non essere riusciti ad intervistare Silvio Berlusconi. Purtroppo non si è riusciti a far combaciare gli impegni del Cavaliere».

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