Omicidio Di Dato, due ergastoli e due condanne a 22 anni

Archivio

La vicenda processuale dell’omicidio di Antonino Di Dato si è conclusa con due ergastoli e due condanne a 22 anni di carcere. L’uomo, allora 45enne, morì dopo nove giorni all’ospedale Bufalini di Cesena a seguito del feroce pestaggio nella hall dell’hotel Emanuela, a Rimini, il 3 novembre 2021. A picchiarlo, Asim Samardzic “detto Ivan”, 47enne cittadino bosniaco indicato come l’organizzatore dell’agguato e autore materiale della spedizione punitiva, tutt’ora latitante (difeso dall’avvocato Stefano Caroli), il croato Ivan Dumbovic, 44 anni, assistito dal legale Antonio Pelusi, il pugliese Bruno Francesco Cacchiullo, 54 anni, difeso dagli avvocati Anna Salvatore e Luca Donelli, il siciliano Costantino Lomonaco, 37 anni, difeso da Francesco Pisciotti e Roberto Brancaleoni.

La colpa di Di Dato, già condannato in passato per crimini legati alla camorra, era di non aver onorato un debito di 7.500 euro e aver fatto sparire una pistola ricevuta da Samardzic.

La “galera a vita”, così come chiesta dal pubblico ministero Paolo Gengarelli nella sua ultima requisitoria prima di andare in pensione, è stata assegnata ad Asim Samardzic e al complice croato Ivan Dumbovic. In merito a quest’ultimo è stato inoltre scoperto che aveva fornito false generalità (Dumbovuic non è infatti il nome vero), ed è stato quindi aperto un fascicolo a parte per questo ulteriore reato. Insieme all’ergastolo, per i due condannati alla massima pena sono stati anche stabiliti 20 giorni di isolamento diurno dagli altri detenuti, insieme alla decadenza dalla potestà genitoriale per entrambi.

A Cacchiullo e Lomonaco, invece, sono stati attributi rispettivamente 22 anni e 22 anni e otto mesi di reclusione. Per tutti i condannati, la Corte d’Assise ha disposto il pagamento delle spese processuali e come pene accessorie l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Disposto anche il risarcimento di 35mila euro per ciascuno dei due figli minori di Di Dato.

Per sottolineare la portata esemplare della sentenza è stato inoltre disposto dai giudici che il dispositivo venga affisso nei Comuni di Rimini e di Riccione, oltre che sul sito del Ministero della Giustizia. Per conoscere le motivazioni della sentenza occorrerà aspettare 90 giorni.

Per quanto atteso, l’esito lascia perplessi gli avvocati. «Più preterintenzionale di così non è possibile», sottolinea Caroli, spiegando di attendere la pubblicazione delle motivazioni per nuove iniziative processuali.

La vicenda

Decisivo per provare a processo le violenze di quella mattina di novembre, l’ascolto dei testimoni oculari, tra cui il proprietario stesso della struttura, che raccontarono in aula scene “viste solo nei film”. Mentre impedivano ai presenti di chiamare i soccorsi, picchiarono a sangue Di Dato con un bastone da trekking, massacrandolo, ignorando le sue suppliche, per poi fuggire lasciandolo esanime.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui