Nuova frontiera: la cosmetica che rispetta anche l’ambiente

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Da oltre quarant’anni impegnata a studiare e sperimentare le proprietà delle piante, Phitofilos è un’eccellenza made in Italy della cosmesi green, specializzata in cosmetici ecobio e prodotti al 100% da piante. Prima in Italia, ha sviluppato con l’Università di Bologna un innovativo procedimento estrattivo che consente di sfruttare al meglio i principi attivi delle piante. Ce ne parla l’amministratore delegato, Matteo Pantani.

Che cosa si intende per cosmetica green?

«Definire la cosmetica green non è facile, non ci sono leggi specifiche. Per noi è sinonimo di ecobio cosmesi, cioè a minimo impatto ambientale e biocompatibile con la pelle. Nel concetto di bio includiamo anche la ricerca quanto più possibile di materie prime provenienti da agricoltura biologica. Per dare garanzie ci avvaliamo delle certificazioni AIAB e Qcert e siamo soci dell’associazione nazionale AssoBio, che è al lavoro per stabilire delle linee guida sul biologico da presentare al Parlamento, qualcosa che renda più chiaro e semplice il lavoro delle aziende e la comprensione dei consumatori».

Le microplastiche in teoria sono vietate dalla legge, ma in pratica in moltissimi prodotti cosmetici sono utilizzate grazie a vari escamotage. Qual è la vostra posizione a proposito?

«L’argomento ci tocca in modo marginale, in quanto non produciamo make-up o dentifrici, dove è possibile trovarne. Per i prodotti esfolianti, abbiamo optato per i microgranuli di noccioli di albicocca, soluzione naturale perfettamente funzionale».

Siete attenti anche al packaging?

«È così tanta la plastica disponibile nel mondo che sarebbe uno spreco non riutilizzarla, da qui la nostra scelta di convertire il packaging in plastica riciclata.

La reperibilità dei materiali per le piccole imprese non è però cosa semplice. Oggi solo alcuni prodotti hanno flaconi e tappi 100% in plastica riciclata, ma l’obiettivo è convertire tutta la produzione entro il 2024, affiancandola all’uso di carta riciclabile. In linea generale crediamo nel Zero Waste, cerchiamo di evitare imballaggi non necessari e da oltre due anni utilizziamo solo carta riciclabile per le nostre bustine di piante».

Con l’Università di Bologna avete studiato e sviluppato innovativi procedimenti per utilizzare gli idroestratti bioattivi. Di che si tratta?

«Il metodo di estrazione studiato dal reparto di ricerca in biotecnologie simula un processo naturale di digestione. Gli idroestratti bioattivi si ottengono con la bioliquefazione delle piante: un’estrazione in acqua con enzimi naturali. Questo consente di ottenere attivi vegetali molto funzionali e più biodisponibili. Gli scarti di questa estrazione sono poi ecosostenibili. Abbiamo applicato la tecnologia anche alle piante tintorie, estraendone il pigmento in acqua per farne gel e shampoo riflessanti e illuminanti (con pigmenti solo vegetali). Questo metodo estrattivo, cambiando gli enzimi di riferimento, si è rilevato poi replicabile per gli oli (da cui gli oli bioattivi) o in combo con i processi di fermentazione (da cui i fermentati bioattivi). Questo è il simbolo della nuova cosmetica, dove la funzionalità si affianca al rispetto della pelle e del pianeta».

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