Sparite oltre 250 bottiglie di vino in un ristorante di Russi, nei guai l’ex cameriere

Tensioni in sala
Il caso è finito sui tavoli della procura dopo un episodio specifico verificatosi proprio nel ristorante il 18 gennaio di quell’anno. Secondo il capo d’imputazione, uno dei titolari dell’attività aveva sorpreso il cameriere sottrarre la costosa bottiglia di passito dal frigo bar per poi nasconderla all’interno della propria borsa.
Intervenuto prontamente, il datore di lavoro aveva riportato al fresco la bottiglia, alimentando però sospetti su possibili altri “saccheggi” alla cantina del ristorante. Così si era accorto che dall’inventario mancavano all’appello oltre 250 bottiglie di alcolici. Troppe per non sporgere denuncia. È stata la perquisizione condotta dalle forze dell’ordine a Faenza all’interno dell’attività commerciale posseduta dal cameriere a individuarne per l’esattezza 256, riconducibili per la Procura al ristorante di Russi.
La difesa
Accuse false secondo la difesa dell’imputato, tutelato dall’avvocato Patrizia Micai del foro di Ferrara. Tutta una montatura – insiste la tesi del legale del 43enne – per fornire alla proprietà un pretesto per rompere il rapporto di lavoro. D’altronde pare che ci fossero delle tensioni in corso per motivi legati alle retribuzioni. Così, da un giorno all’altro il cameriere non si era più ripresentato nel locale. Il tempo è passato e le indagini hanno però fatto il loro corso.
Perizia sui vini
Ieri, dopo aver sentito il datore di lavoro e un attuale dipendente del ristorante, il giudice ha preferito fare luce sulla provenienza delle 250 bottiglie sequestrate a suo tempo, per capire se effettivamente furono sottratte dalla cantina del Madrara 11. Tra queste anche tre “Campiglione” Vigne di San Lorenzo, che hanno offerto lo spunto al magistrato per chiamare a deporre nella prossima udienza il viticoltore proprietario della cantina brisighellese. Verosimilmente dovrà verificare se la partita delle bottiglie sequestrate coincide con quella fornita e poi sottratta al ristorante. Una sorta di prova del nove, che potrebbe scagionare o inguaiare l’imputato dall’accusa di appropriazione indebita aggravata dall’esistenza del rapporto lavorativo con la parte offesa.