Un rosario riparatore davanti al teatro Alighieri di Ravenna. "Preghiamo contro la blasfemia"

RAVENNA. Una cosa è probabile, se non certa. Più che traghettare anime smarrite verso la retta via, la manifestazione annunciata del Popolo della Famiglia davanti al Teatro Alighieri per la prima cittadina di “Delitto e Castigo” di Konstantin Bogomolov ha alimentato la curiosità. E se la pièce prodotta per festeggiare i 40 anni di Ert - teatro stabile dell’Emilia Romagna - ieri sera ha strappato qualche biglietto oltre il previsto, lo si deve proprio alle accuse di “blasfemia” che hanno alimentato le polemiche di questi giorni.

Proteste che fin dalle 20.30 hanno portato una quarantina di manifestanti ad accalcarsi sul marciapiede di via Mariani, controbilanciando chi, dall’altra parte, si apprestava a salire la gradinata del teatro col biglietto d’ingresso in mano. E che, dall’alto, sfruttava la prospettiva per fotografare con lo smarphone l’insolita situazione.

Sacchetti di rosari e volantini

Donne, uomini, anziani, bambini saltellanti da un capo all’altro della strada, perfino una culla e un bebè. Alla chiamata del Popolo della Famiglia hanno risposto in tanti, più di quanto prospettato. Fra i più attivi, un distributore di rosari, fornito anche nell’eventualità di una conversione globale.

Poi i volantini, distribuiti per spiegare le ragioni della manifestazione. «Sei sicuro di cosa vai a vedere? Noi ci raccogliamo in preghiera davanti al teatro per un santo rosario di riparazione per le offese al Cristo Crocifisso presente sulla scena. Fermati anche tu con noi!».

A infastidire è proprio la croce in scena, l’icona per eccellenza nell’immaginario cristiano, “spettatrice” di una serie di tutta una serie di depravazioni della società contemporanea. Provocazioni che nei giorni scorsi avevano portato il rappresentante del Popolo di Famiglia, Marcello Faustino, a bollare l’opera come «un’ennesima mortificazione dell’immagine di Cristo e dunque della fede cristiana». Tanto da avvisare i ravennati affinché si preparassero «a vedere un crocifisso martoriato esteticamente e contornato da situazioni pornografiche, con numerosi riferimenti alla fellatio».

Lo spettacolo

Lo spettacolo, adattamento dell’opera di Dostojevskij da parte del regista russo, sta girando il mondo portando teatro per teatro una versione volutamente provocatoria nel testo e nella scenografia, che ha raccolto - come è normale che sia - giudizi controversi fra la critica.

L’attacco da parte di una frangia di fedeli doveva però ancora arrivare. E se in altre circostanze - la memoria torna al ciclopico misunderstanding nello spettacolo di Romeo Castellucci “Sul concetto di volto nel figlio di Dio” del 2011 - le manifestazioni erano spuntate a Milano o Parigi, ieri, nel suo piccolo, è stato il turno di Ravenna. Così, alle 21, tra chi si appresta ad entrare si percepisce un mix di fastidio e sarcasmo. Qualcuno prende il volantino e lo accartoccia, qualcun altro lo chiede «per ricordo». Poi le porte del teatro si chiudono, il sipario si alza. Fuori, le voci del rosario riparatore degli indignati. Dentro, la curiosità.

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