Ricordi e lacrime davanti al tempio di Guerra

RAVENNA. Soffiava lo stesso vento teso, quel 23 febbraio 1992. Ma per la pallavolo ravennate ed italiana la primavera arrivò ugualmente, in quel pomeriggio solo climaticamente grigio. A una cinquantina di metri da quel piazzale che ieri gli è stato meritatamente intitolato, Sergio Guerra compì il capolavoro strategico della propria, irripetibile carriera, mettendo al tappeto lo “zar” Karpol per la seconda volta in quattro anni, sempre nella finale di Coppa Campioni. A Salonicco era stata la mitica Uralochka a cadere sotto i colpi di una Teodora quasi completamente ravennate e quindi italiana, in quel pomeriggio ravennate fu un Mladost Zagabria che comunque era una dependance del colosso russo, non solo perché in panchina c’era Karpol.

Il cappello. Ma Sergio non fece questioni di lana caprina perché la sua Teodora superò anche il Mladost, al tie-break, e al De André scoppiò un delirio paragonabile solo a quello che arrivò un anno e spiccioli dopo con lo scudetto del Messaggero. La marea giallorossa tracimò sul campo e un ragazzo del CGR, l’ammirevole gruppo Ultras che sosteneva la Teodora in ogni palazzetto, mise in testa a Guerra una tuba con i colori e le stelle della bandiera americana che lui tenne per tutta la durata dei festeggiamenti. Un’immagine che ha lucidato molti occhi quando i nipoti di Sergio, Francesco ed Elisa, hanno scoperto le targhe con le quali il Comune di Ravenna ha intitolato il piazzale adiacente all’entrata del De Andrè all’allenatore più geniale e vincente di sempre. Sintetico, sentito ed appropriato è risultato il discorso celebrativo del sindaco Matteucci (presenti anche gli assessori Cameliani e Guerrieri, il rappresentante Fipav Mingazzini e quello del Panathlon), ascoltato con grande attenzione dalle “ragazze di Sergio”. C’erano tutte o quasi, le protagoniste della prima, grande Teodora, guidate dall’ultra-novantenne Alfa Garavini che si è sorbita senza “scossare” (termine italo-romagnolo tanto gradito a Guerra, al pari di “gavagna”) il lungo tragitto che ha portato tutti all’estremità sud del recinto del Palazzetto, là dove quel tratto di ciclabile è stato intitolato alle “Campionesse della pallavolo ravennate”. Bellissimi momenti, che hanno fatto bene al cuore per tante cose, eccetto due: non era necessario rinsaldare il legame comunque indissolubile come quello tra la pallavolo e Ravenna, così come l’intitolazione del piazzale a Sergio è stato un atto azzeccato e quanto mai doveroso. Ma non fine a perpetrare il ricordo della Volpe Argentata. Perché quello non morirà mai, né a Ravenna né in qualunque palestra dove una ragazzina manderà verso il cielo un pallone.

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