Tutti i mondi dell’eroe Ulisse nell’Occidente sordo ai migranti con Marco Paolini

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RIMINI. Naufrago, esploratore. Domatore di mari. In duello con divieti, sprezzante nei confronti di mostri e incantatrici. Ma poi, tornato a Itaca. Dopo. Nella vecchiaia, Ulisse cosa ha fatto? Una vita, la sua, che ha attraversato secoli, suggestionato, ammaliato per la sua infinita modernità e suscitato fantasie. C’è l’Ulisse di Dante, di Foscolo, di d’Annunzio, di Saba. C’è il consigliere fraudolente ormai sul finir dell’esistenza in preda al furor della conoscenza. O quello antieroe, borghese di Joyce. Riletture che aprono ad altri mondi, agli innumerevoli volti dell’eroe greco.

Rivisitazioni del mito, originali, inedite. Come quella di Marco Paolini e Francesco Niccolini che hanno immaginato Odisseo, ormai cinquantenne, nei panni di un misterioso pellegrino.

“Il tempo degli dei. Il calzolaio di Ulisse”, per la regia di Gabriele Vacis, è il titolo del loro spettacolo, in programma questa sera al teatro Galli. Un sold out annunciato fin dall’inizio della stagione. È il fascino del teatro civile di Paolini, che aggiunge, ai successi che lo accompagnano da diversi anni, questa pièce in cui il mito si fonde alla contemporaneità.

Lo Chalet Olimpo

Questa volta il re di Itaca, passata la giovinezza, si presenta come un viandante con un remo in spalla che intraprende la difficile scalata allo Chalet Olimpo. Non più onde e tempeste d’acqua, ma sentieri impervi da percorrere con ai piedi solo un paio di sandali sdruciti. Il suo volto è solcato da rughe. I viaggi, i naufragi della speranza lo hanno indurito. È un ex guerriero, un ex aedo. Cammina da dieci anni, forse senza meta, come gli profetizzò l’indovino Tiresia nel vestibolo del mondo dei morti. Stanco. Ma non di raccontare.

Così Odisseo, sotto le mentite spoglie del calzolaio di se stesso, narra a un capraio incontrato per caso le sue avventure, il nuovo esilio dopo il suo ritorno a Itaca, il suo incontro-scontro con gli dei, che perdute le sembianze delle divinità greche, hanno ora la fisionomia di un Occidente da tempo responsabile della vita e della morte di milioni di persone.

Da Ulisse ai migranti

Dai tempi remoti, a quelli più attuali. Il viaggio nel Mediterraneo dell’eroe presenta nuove fisionomie, quelle dei tanti migranti che scappano da povertà e guerre. Il racconto diventa i racconti di tanti. Il canto si tramuta nei plurimi canti in cui si può intonare quello che è considerato il primo, quanto meno per completezza e importanza, poema epico della letteratura occidentale, il viso della Storia occidentale. Parole e note, ritmi e ricordi su armonie che partono da lontano per arrivare al vicino, al familiare.

Una vocazione

Emerge così, chiaramente, la vocazione che da sempre accompagna il teatro di Marco Paolini. Dopo “Il racconto del Vajont” (1993), per il quale ha meritato numerosi premi, l’attore-autore ha continuato a narrare le ferite d’Italia, si pensi al “Racconto per Ustica”, e a confrontarsi con storie e personaggi classici.

Info: 0541 793811
Inizio dello spettacolo alle ore 21

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