«Lavorare con Federico Fellini è stato come vivere in un limbo»

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RIMINI. Questo weekend riapre il restaurato cinema Fulgor di Rimini, dove il piccolo Federico Fellini incontrò per la prima volta la magia del cinema. Tante le celebrazioni in vista, alle quali parteciperà anche Sergio Rubini, attore e regista pugliese che – raggiunto telefonicamente in una pausa del lavoro in moviola del suo ultimo film (“Il grande spirito”, da poco finito di girare e destinato all’uscita nella prossima stagione) – ricorda con piacere il periodo in cui ha intrecciato il suo cammino con quello di Fellini, che lo chiamò per interpretare se stesso da giovane in “Intervista”. Ma quello non fu il loro primo incontro.

«Incontrai Federico mentre stava preparando “E la nave va”. Poco più che ventenne mi presentai allo studio 5 a Cinecittà per portare le mie foto. Fellini le guardò e mi disse: “Complimenti, perché lei assomiglia alle sue foto”. Poi aggiunse che forse ci sarebbe potuto essere un piccolo ruolo, un marinaretto, e mi salutò dicendo “Io e lei un giorno lavoreremo assieme”».

E la cosa effettivamente avvenne qualche anno dopo sul set di “Intervista”.

«All’inizio delle riprese ricordai a Fellini quell’episodio e lui sorridendo esclamò “ma allora sono un mago!”».

Le spiegò che avrebbe dovuto interpretare lui da giovane?

«Non me lo ha mai detto esplicitamente. Erano le persone del suo staff che me lo fecero capire. Lui un po’ alla volta mi tolse gli aspetti più esteriore della mia meridionalità. Mi fece sfoltire le sopracciglia, mi fece togliere i peli dal petto. E progressivamente mi avvicinò a se stesso, togliendo e inventando. Io sono Sagittario ma alle persone che capitavano sul set mi presentava come Capricorno, qual era lui. Amava costruire un mondo suo attorno a te. All’inizio delle riprese mi disse: “Devi aver fiducia. Dei giorni ti sembrerò preparato, altri meno. Ma puoi fidarti tranquillamente”. Cosa che feci».

Il copione era un work in progress.

«Il copione in pratica non c’era. Fellini arrivava sul set con qualche foglio che poi integrava coi foglietti che gli davamo noi. Perché Federico coinvolgeva moltissimo e chiedeva anche a noi di scrivere delle cose. Una sera mi chiamò dicendo: “Domani giriamo la scena in cui con Marcello andiamo a incontrare la Ekberg. Immaginati di essere in macchina con noi. Pensa a qualche domanda da fare a Marcello e a me. Scrivi qualcosa”. E quella richiesta si ripetè diverse volte. Fellini attingeva dalla realtà del set, sempre attento a quello che gli capitava attorno. Convinto che i film avessero una propria autonomia, una vita propria. Con lui non mi sono mai sentito usato».

Il suo rapporto con lui è poi proseguito.

«Non si è mai interrotto, a parte il momento delle riprese de “La voce della luna”. Io ho trovato una specie di padre, che mi ha seguito e consigliato nel mio percorso da regista. Venne alla prima de “La stazione”, il mio esordio e gli piacque. Mi aiutò anche a trovare una distribuzione. Mi fu accanto nel periodo per me complicato de “La bionda”, il mio secondo film. Non era convinto del finale e in un primo momento mi suggerì di modificarlo: “Perché vuoi fare morire il tuo protagonista? È già così disgraziato”. Poi qualche giorno dopo mi richiamò per dirmi che andava bene così perché il film era piaciuto molto a Giulietta Masina».

Ripensando a Fellini cosa le viene in mente?

«Considero l’incontro con lui un’esperienza straordinaria, non solo dal punto di vista professionale ma anche umana. Ho vissuto quel periodo come in una specie di limbo, godendo e imparando da una persona decisamente fuori dal comune. Pur nella lunga frequentazione non sono mai riuscito a dargli del “tu”. Lui mi invitava: “Dai Sergino dammi del tu, chiamami Fefè”. Nonostante i reiterati inviti, non ne sono mai stato capace».

Ligabue arriva lunedì

Tra i festeggiamenti per la riapertura del Fulgor, anche la proiezione in anteprima dell’ultimo film di Luciano Ligubue, “Made in Italy” alla Sala Federico lunedì 22 gennaio alle ore 21 e non, come segnalato ieri, domenica 21. Saranno presenti alla serata sia il regista che il produttore della Fandango, Domenico Procacci e l’attrice Kasia Smutniak. Biglietti: 8 euro.

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