Gli Usa e il tramonto della luna rossa, ultimo mito della rivoluzione comunista

Oggi li vedi che scherzano tra di loro sulla stazione orbitante, astronauti russi e statunitensi, si fanno i selfie insieme e collaborano convivendo in uno spazio... assai ristretto. Ma c’è stato un tempo, 50-60 anni fa, che non era affatto così, quando Usa e Urss se le davano di santa ragione anche nello... spazio.

È l’idea alla base del saggio I comunisti sulla Luna. L’ultimo mito della rivoluzione russa (Il Mulino 2017, pp. 240, 16 euro) dei riminesi Stefano e Marco Pivato.

Padre e figlio, studiosi della scienza e del costume. Lo storico che insegna all’Università di Urbino e l’erede, giornalista e divulgatore scientifico, hanno incrociato le quattro mani per rivangare un passato recente eppure remotissimo: la corsa alla conquista dello spazio.

Il libro viene presentato nella sede di Confindustria a Pesaro oggi alle 17.30; e poi il 22 ottobre alle 17 nella Sala del Giudizio del museo di Rimini.

Quando il 4 ottobre 1957 lo Sputnik 1, il primo oggetto lanciato dall'uomo oltre l'atmosfera, compì un'orbita attorno alla terra, in Occidente molti si preoccuparono (e molti esultarono, per ragioni opposte). Quando, un mese più tardi, il 3 novembre, fu la volta di Sputnik 2, con a bordo la cagnetta Laika, preoccupazioni ed esultanza si accrebbero. Le date scelte per quelle imprese del resto non erano casuali, intendevano celebrare il quarantesimo anniversario della Rivoluzione di ottobre, allorché nel 1917 era nato il primo Stato comunista. Sul piano propagandistico quei risultati vennero esibiti non solo come ideale prosecuzione e completamento della rivoluzione avviata da Lenin, ma anche come dimostrazione che il Socialismo reale poteva vantare primati non ancora raggiunti dal mondo occidentale. Dopo una gara durata oltre un decennio, che vide costantemente in vantaggio l'Urss, il 12 luglio 1969 la conquista della luna da parte degli Stati Uniti assegnò la definitiva vittoria all'Occidente. E mise la parola fine all'ultimo mito del comunismo.

Marco Pivato, com’è nato questo libro?

«Sul centenario della rivoluzione russa l’editoria si è scatenata già dalla scorsa primavera. Noi l’abbiamo affrontata sul piano scientifico e del costume. Mio padre ha curato la prima parte che inquadra la propaganda dell’Unione Sovietica sulla propria industria tecnologica. Io invece mi sono occupato della realtà sul piano scientifico».

Perché questa corsa allo spazio?

«Dopo la Seconda guerra mondiale e almeno fino al 1969 la guerra fredda tra Occidente e Oriente si sposta nello spazio, è il nuovo ring di questa competizione, militare e politica. Si cominciano a studiare i primi missili balistici intercontinentali abili a trasportare testate nucleari ma anche a bucare l'atmosfera per veicolare oggetti in orbita. Prima tocca ai satelliti, poi agli animali e infine agli uomini. Ma non c'è solo la tecnologia, c'è anche molta propaganda: la corsa ad arrivare primi faceva parte della battaglia ideologica tra due mondi, ognuno dei quali cercava di colorare gli eventi pro domo sua».

Perché alla fine vinsero gli americani rispetto ai russi?

«I primi ordigni atomici sappiamo che nacquero nel 1945, utilizzando molto personale e tanti soldi. Era il Progetto Manhattan, che portò in America tutta la squadra di Wernher Von Braun, il genio tedesco che aveva realizzato i famosi V2. Il buon fine del Progetto Manhattan insegnò agli Usa che i grandi obiettivi scientifici, che implicano grande dispendio in capitale umano ed economico, hanno però altrettante grandi ricadute in termini di Pil. Proprio il nucleare infatti sostenne i forti consumi del mondo pacificato. Forti di questa consapevolezza, gli Usa scommisero sulla luna impiegando budget enormi. E vinsero la scommessa».

Oggi tutto è cambiato.

«Per la corsa su Marte speriamo che non serva la competizione, ma basti la collaborazione. Anche se bisogna sottolineare che la guerra ha sempre accelerato certi meccanismi».

Stefano Pivato, lei si è spesso occupato dell’immaginario politico nel Novecento, come i comunisti che mangiano i bambini (cfr: “I comunisti mangiano i bambini. Storia di una leggenda”, Il Mulino, 2013). E da ultimo... l’ultimo mito della rivoluzione.

«Il lancio nello spazio dello Sputnik e di Laika rispolverarono il mito offuscato della rivoluzione, per celebrarne degnamente i 40 anni. Il comunismo torna vivificato dalla scienza, promettendo nello spazio una vita migliore grazie alla tecnologia».

Propaganda a go-go...

«Altroché! Venne sottolineato che Laika era una cagnetta bastarda che aveva battuto i vari Rin Tin Tin e Lassie, cani di razza capitalista. Molta retorica: tutti possono accedere a certi traguardi anche senza pedigrée come Collie e Pastori tedeschi, proletariato vincente sul capitalismo».

Oggi certe dichiarazioni fanno un po’ sorridere, ma fino al 1967 non c’è partita: primo satellite, primo cane, primo essere umano, prima donna, tutti sovietici.

«Nel 1967 muore il Von Braun russo, Sergej Korolev: sarebbero arrivati primi sulla Luna? Chissà. Certo la formula matematica che manda i razzi nello spazio è del 1903, frutto degli studiosi della russia zarista che era già avanti nella matematica e nelle scienze. L’America va nel panico e tenta di rispondere. Il muro di Berlino comincia a scricchiolare quando la guerra fredda si trasferisce nello spazio».

Fa molto sorridere, del libro, il capitolo sulle macchine russe. Ma come: facevano dei razzi pazzeschi e costruivano delle automobili disastrose?

«Già, raccontiamo delle vicissitudini e disavventure anche di numerosi riminesi, acquirenti e concessionari, con le macchine russe come la Zaz: un disastro. Ma c’era una ragione socio-economica. Negli Usa c’era il libero mercato, in Urss no. In America tutti collaborano, l’intera società. Creando così un’industria di cui beneficiarono tutti, anche i costruttori di automobili. In Urss lo spazio era appannaggio esclusivo dei militari: a loro premeva solo far sapere che avrebbero potuto mandare un missile da Mosca a New York».

Oggi americani e russi collaborano sulla stazione spaziale, ma solo ieri erano due mondi distinti e lontanissimi.

«Era la vodka contro la Coca-Cola. Per esempio Valentina Tereskova, prima donna nello spazio: era una operaia presentata come esempio di donna moderna, libera, ma anche semplice, del popolo. Mentre gli astronauti Usa erano ingegneri e piloti di jet... Due mondi di valori lontanissimi che venivano mandati nello spazio».

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