Napoleone in Romagna raccontato da Poponessi

È quasi un romanzo, il nuovo libro di Paolo Poponessi, “Abbasso Napoleone!”, ma in realtà di romanzesco non c’è nulla, semmai tante notizie da documenti d’archivio. Pubblicato pochi giorni fa dalla cooperativa forlivese L’Almanacco, il libro fa il punto sull’arrivo del Bonaparte a Forlì il 4 febbraio 1797, e sull’invasione francese a Forlì e in Romagna dal 1796 al 1813, a poco più di un mese dal bicentenario dal famoso 5 maggio 1821, morte di Napoleone.

«Su questo periodo – spiega Poponessi – avevano scritto opere di riferimento Dino Mengozzi e lo storico ravennate Francesco Maria Agnoli. Io però mi sono basato anche sulle cronache e sulla memorialista dell’epoca: il diario dell’ultrareazionario don Francesco Cortini, e quelli di Pietro Baccarini e Giuseppe Calletti, più filo francesi».

Ne avrà tratto valutazioni opposte.

«Al contrario: anche se certamente i tre non si erano parlati, i loro racconti sono sorprendentemente simili! E mostrano che anche in Romagna e nel Forlivese l’arrivo di Napoleone rimodella l’ordine sociale. Il consenso gli viene da aristocratici, borghesi, possidenti, anche da settori della Chiesa, mentre il prezzo per le riforme lo paga soprattutto la popolazione».

Che reagì?

«Sì: per tutto il 1800 le bande degli insorgenti diedero filo da torcere allo stesso esercito. Poi, certo, vi si infilava anche chi voleva semplicemente razziare i padroni giacobini, ma questi gruppi di popolani armati di forconi esercitarono con successo forme di guerriglia. Quando poi nel dicembre 1813 l’Armata francese fu spazzata via, con gli alleati anti napoleonici c’erano proprio colonne di insorgenti».

Nelle sue ricerche si sarà imbattuto in molti aneddoti.

«Sì, nei documenti del Fondo Piancastelli della Biblioteca comunale di Forlì e dell’Archivio di Stato, per esempio viene registrato il primo caso di ghigliottina a Forlì, nel marzo 1801, contro due capi insorgenti. L’attrezzo però non funzionava bene, e allora il boia sgozzò con un coltello uno dei condannati mentre, anche per le proteste della folla, l’altro fu più “umanamente” fucilato davanti a Palazzo Castellini, dove ora sono le Poste. Vengono citati i nomi dei tanti aristocratici forlivesi capaci di restare a galla sia con il papa sia con Napoleone, e poi ancora con il papa, capaci come sono di gestire tutti gli strumenti del potere».

La popolazione forlivese invece non si barcamena così bene.

«Però la mobilitazione contro i francesi e i giacobini è corale, e nasce dall’offesa alla sensibilità religiosa dopo i provvedimenti a danno del clero. Sembra strano, vista la fama di “mangiapreti” che i romagnoli si guadagneranno solo qualche decennio dopo. Ma l’alto clero, penso all’arcivescovo di Ravenna Antonio Codronchi, si schiera con Napoleone, e Napoleone è a capo di un esercito che, quando arriva a Forlì saccheggia e stupra. Il popolo probabilmente si sente abbandonato da chi dovrebbe difenderlo, e questo nel tempo si concretizza nella reazione di cui parlavo. Questo si manifesta anche con i moltissimi tentativi di sottrarsi alla leva, con il rifiuto cioè di combattere per un potere ostile e nemico».

Insomma ai forlivesi Napoleone proprio non piacque.

«Qui il suo dominio ebbe il volto delle confische e del favore ai borghesi. E se quello del papa era un potere schiacciante ma paternalistico, quello francese si rivelò efficace, direi chirurgico, nell’ottenere quello che pretendeva!».

Il volume, la cui pubblicazione è sostenuta da Cristian Ciani, titolare di Crd Group di Forlimpopoli, è nelle librerie ed edicole forlivesi (10 euro) Info: info@almanaccodiforli.it.

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