Museo degli oggetti ritrovati "Ecosistema della memoria"

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Da settembre a Verucchio si potrà visitare il primo museo italiano che mette in mostra oggetti ritrovati, “piccole reliquie”, “un ecosistema della memoria”. Ma anche, spiega a Verde Gabriele Geminiani, il patron delMontefeltro e San Marino Green Festival, che è anche il collezionista-artista che ha dato vita a questa esposizione, “una denuncia ecologica sottile, per puntare il dito sulla perdita del sano rapporto fra l’uomo e le cose che decretava la lunga durata degli oggetti”.

È cosa fatta, il Museo dell’oggetto ritrovato ci sarà?

«Sì siamo giunti alla conclusione di un percorso durato due anni, in cui il Comune di Verucchio è stato sempre presente e deciso nel procedere, con una coerenza per nulla scontata ai nostri giorni».

Come sarà allestito?

«Per quel che concerne la progettazione, vista la tipologia degli spazi, si tratta di predisporre e infine di improvvisare. La natura dello spazio inferiore, praticamente una grotta, con le sue pareti di sasso al vivo, tutt’altro che ortogonali, rappresenta una sfida affascinante. Per l’allestimento ci serviremo di materiali poveri e anche di recupero. Lo splendido progetto è opera di Roberto Vecchiarelli, docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino».

Sono oggetti che provengono per lo più dal territorio marchigiano-romagnolo e in qualche modo lo raccontano?

«Parliamo di un “ecosistema della memoria” che ruota intorno a due fiumi, il Conca e il Marecchia, con le relative valli e il tratto di costa adiacente. Le cose provengono dai fiumi in piena, sono state “rapinate” lungo li loro corso. Un tempo le discariche dei paesi adagiati lungo i fiumi sorgevano in prossimità dei centri abitati, su collinette che poi tracimavano sul letto del fiume. Dal fiume arrivano al mare dove possono restare sui fondali per decenni, fino al giorno in cu una mareggiata ce le restituisce sulla battigia».

Qualche esempio di oggetto che potremo vedere?

«C’è una varietà estrema di oggetti e di neo-oggetti, frammenti di cose che nel tempo e nella loro gestazione marina hanno perduto ogni riferimento a ciò che erano e pertanto sono cose nuove. Così come ci sono piccoli giocattoli che si sono mantenuti integri acquisendo solo una patina di consunzione che li rende unici, fra questi una deliziosa fanciulla su un cavallino a dondolo in un unico pezzo di plastica azzurra sulla quale ci sono delle striature calcaree opera dei mitili marini».

Perché lo si può definire un progetto che ha a che fare con la sostenibilità ambientale?

«La mia è denuncia ecologica sottile, ma che può essere facilmente spiegata. Risparmia quelle reliquie che rappresentano il timido consumismo degli anni ’60 e ’70 - la maggior parte dei miei campionari hanno questa datazione -, per puntare il dito sulla perdita del sano rapporto fra l’uomo e le cose che decretava la lunga durata degli oggetti. Perdita dovuta ad un consumismo sfrenato e ingravescente, che rappresenta l’asse portante di un sistema economico globale e che è al tempo stesso la causa di un degrado ecologico oramai pressoché irreversibile».

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