Mordini parla della censura al suo film sui fatti del Circeo

Il giorno dopo si dichiara ancora «stupito, non avrei mai immaginato...». Quello che il regista ravennate Stefano Mordini non avrebbe mai immaginato è che il suo nuovo film La scuola cattolica (presentato in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia e da oggi nelle sale italiane) potesse finire sotto la scure della censura, che si è manifestata nelle vesti del divieto ai minori di 18 anni annunciato due giorni fa dopo che al Festival veneziano il film era stato presentato con il divieto ai minori di 14 anni. Tratto dall’omonimo libro di Eraldo Albinati (Premio Strega 2016) il film porta sul grande schermo il massacro del Circeo. Era la notte tra il 29 e il 30 settembre 1975. Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, rispettivamente 19 e 17 anni, furono rapite, stuprate e torturate da Gianni Guido, Angelo Rizzo e Andrea Ghira, tre giovani della borghesia romana e vicini agli ambienti neofascisti. Fu una violenza che provocò la morte di Rosaria, mentre Donatella Colasanti sopravvisse fingendosi morta.

Nel cast de La scuola cattolica i giovani attori Benedetta Porcaroli, Federica Torchetto, Giulio Pranno, Luca Vergoni, Francesco Cavallo si ritrovano al fianco dei “navigati” colleghi e colleghe Valeria Golino, Jasmine Trinca, Valentina Cervi, Riccardo Scamarcio e Fabrizio Gifuni.

La motivazione della Commissione che ha posto il divieto ai non maggiorenni parla di «una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice», di «immagini, assai violente negli ultimi venti minuti» e punta il dito contro «una scena in cui un professore, soffermandosi su un dipinto in cui Cristo viene flagellato, fornisce assieme ai ragazzi, tra i quali gli omicidi del Circeo, un’interpretazione in cui gli stessi, Gesù Cristo e i flagellanti vengono sostanzialmente messi sullo stesso piano». Una decisione che la produzione del film (Warner Bros e Picomedia) hanno immediatamente contestato, perché legata a «elementi tematici del film o a valutazioni di tipo artistico-espressivo, limitando di fatto la stessa libertà artistica e di espressione degli autori».

Tra l’altro in «netta contrapposizione» con quanto annunciato qualche mese fa dal Ministro Franceschini che, alla firma del decreto che istituì la nuova Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, dichiarò abolita la censura.

Mordini il film sta per uscire nelle sale con questa polemica “sulle spalle”. Cosa la sconcerta del divieto ai minori di 18 anni?

«Come altri miei colleghi, pensavo che dopo l’annuncio di Franceschini non si sarebbe più passati attraverso un giudizio, ma non è così. Nella dichiarazione della Commissione ci sono una serie di incongruenze. Il film non parifica assolutamente carnefici e vittime. Non mi sembra una decisione seria, resto stupito».

C’è soprattutto una scena del film che viene “incriminata”...

«È assurdo. In quella scena c’è un professore di teologia, interpretato da Gifuni, che parla agli studenti sul tema del bene e del male e lo fa con una provocazione, dicendo che anche dietro al bene può esserci il male. Pensavo di essere in uno Stato che aveva superato certe cose. Il film tra l’altro non è un film che sovverte, che si prende chissà quali libertà estreme, anzi alcuni eccessi ho cercato di renderli più accettabili. La verità è che il film parla di un fatto vero che evidentemente non si vuole di nuovo che venga affrontato. La censura sembra più rispetto al fatto che al film».

Cosa volevate raccontare con questo film?

«Il film parla dell’impunità di un certo ambiente di potere, di come un certo tipo di società si sia arrogata il diritto a non essere punita. Ciò che lo rende attuale è poi purtroppo la prevaricazione dell’uomo verso le donne».

Per il film ha scelto le attrici Valeria Golino, Valentina Cervi (sua moglie, ndr) e Jasmine Trinca per i ruoli di tre madri. Perché?

«Si tratta di piccole parti ma per me era fondamentale la loro presenza in questi ruoli di madri chiuse in una sorta di gabbia».

E poi ci sono le musiche di Andrea Guerra. Come è stato lavorare insieme?

«Ci conosciamo e l’ho voluto perché è un compositore per il cinema che si pone il problema della narrazione, ed è molto bravo. È stato davvero molto interessante lavorare con lui. E poi ogni volta che ci vedevamo per lavorare mi portava i cappelletti».

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