Molestie sessuali alla collega: 15mila euro da pagare per un Comune della Valconca

Quindici mila euro. È la somma che il giudice del lavoro del tribunale di Rimini ha stabilito dovrà essere risarcita ad una impiegata di un comune della Valconca vittima di molestie sessuali da parte di un collega di lavoro. A versare la somma sarà l’Amministrazione dove sono impiegati entrambi i protagonisti della vicenda. La sentenza è stata letta ieri mattina. Il Tribunale ha accolto il ricorso “ad adiuvandum” presentato da Adriana Venturi, consigliera alle Pari opportunità della Provincia. La legge infatti permette all’Ente pubblico di costituirsi in giudizio cosa fatta con l’avvocata Francesca Introna. La vittima della molestia riconosciuta è stata invece rappresentata dal collegio composto dalle avvocate Tatiana Biagioni e Anna Danesi. Tutti e tre le legali appartengono al Foro di Milano. Nella nota con cui Ventura dà l’annuncio, la consigliera ricorda che «in tema di molestie e parità di trattamento deve innanzitutto richiamarsi la raccomandazione 92/131/CEE della Commissione europea». Che recita testualmente: “ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro tipo di comportamento basato sul sesso, compreso quello dei superiori e colleghi, che offenda la dignità degli uomini e delle donne sul lavoro è inammissibile e in determinate circostanze può essere contrario al principio di parità di trattamento ai sensi degli articoli 3, 4 e 5 della direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa alla attuazione del principio di parità di trattamento fra le donne e gli uomini per quanto riguarda l’accesso al lavoro, la formazione e la promozione professionali e le condizioni di lavoro”. Non c’è un numero minimo o massimo che determina se si è davanti a un caso di molestie sessuali. In questa specifica vicenda, infatti, l’episodio incriminato ed accertato è stato uno solo. «L’aver accertato l’esistenza dell’atto discriminatorio è una cosa eccezionale. Questa è una sentenza molto importante – il commento dell’avvocata Biagioni – perché dà un segnale a quella moltitudine di donne che non ha il coraggio di denunciare perché temono di non essere tutelate». Non solo. «È un segnale molto importante – conclude la legale – per far sì che questo diventi un Paese migliore per le nostre figlie ed i nostri figli». E.Ch.

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