L’altra padrona di casa. Non solo per la Ferrari, ma ancor di più per l'AlphaTauri quello di Imola è il gran premio casalingo. L’autodromo Enzo e Dino Ferrari dista infatti soltanto una quindicina di chilometri dalla sede del team romagnolo di Faenza, che spesso ha utilizzato il circuito del Santerno per test privati delle sue monoposto. Saranno Pierre Gasly e Yuki Tsunoda, come dall’anno scorso a oggi, a cercare di portare in alto un team spesso in ombra, ma ricco di storia e tradizione.
Dalla Minardi alla Toro Rosso
La storia della squadra romagnola comincia nel 1979 quando Gian Carlo Minardi fonda a Faenza l’omonima scuderia, che partecipa al mondiale di Formula 1 a partire dal 1985 e ne fa parte permanentemente per vent’anni, fino al 2005, per un totale di 340 gran premi ma senza alcuna vittoria. A segnare uno spartiacque nell’avventura del team nella massima categoria è il 2006, stagione dalla quale la ex Minardi viene acquistata dalla Red Bull, presente nel Circus dall’anno precedente. La scuderia austriaca rinomina la vettura Toro Rosso, ne mantiene la sede in Italia ma la adotta come una sorta di squadra satellite con cui far debuttare in Formula 1 i giovani piloti del proprio programma di ricerca, prima eventualmente di promuoverli nel team ufficiale. Il gruppo viene inoltre affidato all’austriaco Franz Tost, tuttora a capo della squadra. Dal 2006 al 2019, per quattordici stagioni, la Toro Rosso gareggia come “sorella minore” della Red Bull ed è nei primi anni di carriera un trampolino di lancio per piloti poi di altissimo calibro, da Sebastian Vettel a Daniel Ricciardo, da Max Verstappen a Carlos Sainz, tutti poi passati in prima squadra tranne lo spagnolo. Oltre ad appoggiare la Red Bull, sia facendo crescere giovani talenti che anticipando e testando alcune soluzioni tecniche sulla vettura (su tutte il motore Honda nel 2018), la Toro Rosso alterna prestazioni anonime ad altre più significative, e ottiene nel 2008, sotto il diluvio di Monza, la prima (e unica) pole e la prima vittoria grazie a uno strepitoso ed emergente Vettel, poi quattro volte campione del mondo negli anni successivi. Avendo ottenuto un sesto posto nei costruttori come miglior risultato, al termine del 2019 la scuderia abbandona il nome Toro Rosso e, senza alcun cambiamento a livello sportivo, adotta quello di AlphaTauri, allo scopo di promuovere il marchio di moda messo in commercio dalla Red Bull nel 2016.
Un presente ambizioso
Da tre stagioni a questa parte AlphaTauri è tra le protagoniste del mondiale di Formula 1 e ha compiuto un bel percorso di crescita nei campionati 2020 e 2021, capitanata da Pierre Gasly, prima promosso in Red Bull nel 2019 e poi nuovamente “retrocesso” al team faentino, di cui è diventato l’assoluto punto di riferimento. Sua la seconda e ultima vittoria della storia della scuderia, siglata nuovamente a Monza nel settembre del 2020 al termine di una gara pazza. Dal 2021, al posto del russo Kvyat, al fianco di Gasly arriva il rookie giapponese Tsunoda con tutta la sua energia, che seppur a volte benefica e a volte no, garantisce ancora oggi quel giusto mix di esperienza e gioventù alla squadra di Tost. Con il sesto posto finale, a poca distanza dalla Alpine quinta, nella scorsa stagione AlphaTauri ha eguagliato il proprio miglior risultato nel mondiale e ha segnato il più alto numero di punti della sua storia (142), ottenendo anche un altro podio in Azerbaijan. L’inizio del 2022, con monoposto nuove tutte da scoprire, ha finora mostrato una macchina un po’ acerba e da sviluppare, cominciando con la riparazione dei guai di affidabilità che stanno non a caso affliggendo anche la “madre” Red Bull. Partendo dagli aggiornamenti in arrivo questo fine settimana, Gasly e Tsunoda puntano a cambiare passo e a riprendere il cammino redditizio avviato negli ultimi anni. Nessuna location è migliore di Imola per farlo.